Non rifletto più, sono semplicemente stanco di pensare, vedere le cose e non potere fare niente. Scusa, non sono di quelli che vanno in strada a dimostrare. Forse è un atteggiamento sbagliato, ma sono fatto così e mi è difficile andare contro il mio carattere. E allora, chiederà qualcuno? Mi sono buttato sull’ironia, sulle battute e cerco delle barzellette. Fanno ridere, mi divertono e l’uso del cervello è limitato. Certo, quelle migliori richiedono un momento di compressione, ma questo mi va bene. Di seguito ci sono alcune che mi piacciono molto e sono qui per condividerle con voi, i miei cari lettori. So che non siete molti, ma site la crema della società.
– Che cos’è LXIX? – 69 alla romana.
– Mamma, posso farmi un bagno in mare? – Non se ne parla, vedi quanto sono alte le onde? – Ma papà sta facendo il bagno. – Si, ma lui ha un’ottima assicurazione sulla vita.
– Come i calvi possono convenientemente risolvere il loro problema? – Devono spalmare il miele sulla testa ed aspettare tre giorni dopodiché devono sbattere fortemente le mani e le mosche voleranno via. Ma i piedini rimangono!
Una coppia. – Tu bevi sempre. – E tu spendi ogni settimana 50 euro dall’estetista. – Ma lo faccio per essere bella per te. – Anche io bevo così tu diventi bella per me.
La mia ragazza mi ha invitato a casa sua, ma quando sono arrivato lei non c’era. Nell’appartamento mi aspettava sua sorella, devo dire molto attraente. Mi si è avvicinata e mi ha detto: – Sei proprio il mio tipo e vorrei fare sesso con te. Sono corso verso la mia macchina dove ho trovato la mia ragazza che mi ha abbracciato calorosamente. – Complimenti. Hai guadagnato tutta la mia fiducia. Morale della storia: tenete sempre i preservativi in macchina.
Un signore sta in coda al supermercato e si accorge che una bionda, alta e formosa, lo sta salutando con la mano e con un grande sorriso. E’ rimasto sorpreso che una così bella donna lo saluta. Gli sembrava di averla già vista, ma non si ricordava dove. – Mi scusi, ma noi due ci conosciamo? – Forse mi sbaglio, ma penso che lei sia papà di uno dei miei bimbi. Le reminiscenze iniziano ad assalirlo e si ricorda quella unica volta quando ha tradito sua moglie. – Dio mio, lei è quella spogliarellista che mi sono fatto davanti ai miei amici sul tavolo da biliardo mentre la sua amica mi picchiava con un panno bagnato? – No, io insegno inglese a suo figlio.
Un sultano convoca il suo harem e dice: – Care mie, devo darvi una brutta notizia: mi sono innamorato di un altro harem.
– Perché hanno seppellito alcuni Indiani dietro una collina? – Perché sono morti!
Due amici si incontrano: – Ho sentito che qualche mese fa ti sei sposato. – E’ vero. – Come mai? – Non mi piaceva il cibo in mensa. – E come va adesso? – Adesso mi piace!
Pierino
Il postino suona alla porta. Gli apre il piccolo Pierino. Sotto il braccio sinistro tiene Playboy, sotto il destro una bottiglia di whisky e in bocca una sigaretta accesa. Il postino: – I tuoi genitori sono a casa? – E lei cosa ne pensa?
Pierino torna a casa dalla scuola piangendo. Il padre: – Cos’è successo? – Ho preso un’insufficienza in matematica. – Cosa? – Abbiamo studiato i numeri negativi e io non ho capito. – Ascolta qui, te lo spiego io: hai un autobus con a bordo 10 persone. Alla fermata escono fuori 15. Ciò significa che alla prossima fermata devono entrare 5 perché l’autobus sia vuoto.
Questo testo ho perso da qualche parte. Era tra le mie riflessioni di due anni fa. Ieri, cercando tutt’un altra cosa, su una chiavetta mi è comparso il file perduto. Cosa faccio? Vai, è un po’ datato, ma dentro c’è un pensiero, che è diventato anche un po’ storico, pertanto mi sembra giusto inserirlo.
Il tema è quasi obbligato. L’ultimamente, da più di un mese, non si parla di altro. E’ un disastro e su questo non ci sono dei dubbi. Un disastro sanitario, ma ho paura che quello economico, e quello sociale, strettamente collegato, saranno ancora peggio. Guardo le immagini provenienti dalla Sicilia. Gente senza soldi, perché sembrerebbe che là molto vivono alla giornata, quando riescono a trovare qualche lavoro in nero (anche questo per me è una novità). Niente soldi, perché tutto è bloccato e nessuno ha bisogno di un servizio, significa niente spesa quel giorno. Ma ci sono i figli da sfamare. Vai tu a spiegarli che oggi non si mangia perché manca denaro per compare il cibo. Mi vengono le lacrime quando vedo la gente che cerca di assaltare i negozi alimentari per procurare alla famiglia un pasto. Cavolo, noi siamo un paese ricco, non ditemi che non sia così e ci sono delle persone che non hanno da mangiare. Spiegatemelo, perché io non riesco a capire. In effetti capisco, ma non è accettabile la spiegazione che posso fornire.
Grazie Albania
La notizia di oggi che mi ha commosso era legata all’aiuto che ci manda l’Albania. C’era il primo ministro albanese che ha fatto una dichiarazione molto bella e commovente, in un buon italiano. Ha detto che noi abbiamo dato una mano al popolo albanesi nei tempi per loro duri (caduta del regime comunista) e che loro non possono dimenticare quel aiuto e che cercano di restituirlo inviando 30 operatori sanitari ad aiutarci. Ha anche sottolineato che loro non sono un paese ricco ma che da soli non si esce da questa crisi e che loro con questo gesto vogliono esprimere la loro solidarietà. Anche qui mi sono quasi venute le lacrime; si vede che oggi sono molto suscettibile e mi emozioni facilmente.
Domani inizierà la terza settimana da quando lavoro da casa. Il mio lavoro si svolge facilmente dal fuori dell’ufficio, e forse ancora meglio perché non ci sono le distrazioni dovute ai colleghi che rompono le scatole. Per capirci, legittimamente, ma comunque mi distraggono in quanto il lavoro che faccio richiede una concentrazione piuttosto alta. Io a casa sto bene, perché risparmio tempo per il trasporto, ho le comodità che mi servono e comunque mi sento utile perché lavoro. L’appuntamento principale durante queste giornate, credo anche per una buona maggioranza degli Italiani, è quello alle 18 quando la protezione civile fornisce i dati aggiornato sull’andamento dell’epidemia. Le notizie a volte sono brutte, a volte meno brutte e a volte, per fortuna, accendono anche un po’ di speranza nel rallentamento di questo brutto contagio che infetta i nostri corpi, ma anche le nostre teste facendoci stare male psicologicamente. La paura per noi stessi, per nostri cari, per tutte le persone non soltanto del nostro paese, ma anche del mondo, che rischiano di non vedere un domani.
Molti cadono in depressione perché non riescono a vedere l’uscita da questa disgrazia di questo nostro mondo globalizzato. La disgrazia che non risparmia nessuno, né ricchi né poveri. Colpisce specialmente gli anziani, i nostri genitori ed i nostri nonni. Da noi c’è un numero sproposito dei morti. Si tirano fuori le varie ipotesi perché da noi il virus provoca così tante morti. Ci sono delle teorie piuttosto fantasiose, dal mio punto di vista, come per esempio l’inquinamento in Lombardia. Scusate, ma l’inquinamento è molto presente anche in Germania e loro hanno una percentuale della mortalità molto, ma molto minore rispetto a noi. Il problema è che da noi è tutto partito dagli ospedali. Nessuno controllava la presenza di COVID-19 in quanto, in corso era l’influenza normale. Quando si è scoperto che c’è la coronavirus, una marea di gente negli ospedali era già infetta e con loro tantissime persone dello staff sanitari. Questi ultimi, anche oggi, più di un mese dopo la partenza del calvario, non hanno i mezzi di protezione individuale base che dovrebbero avere per poter operare in sicurezza per loro stessi i per i loro pazienti. Visto che la gente anziana è quella che frequenta di più gli ospedali, questo per definizione, ecco la risposta perché da noi il virus è così spietato. La cosa simile si registra anche in Spagna. L’uscita di questa crisi sarà lunga e lascerà tante tracce per farsi ricordare a lungo.
Lo scopo di questo articolo è mostrare che l’elaborazione dei dati effettuata dall’Istituto superiore di sanità, abbreviato ISS, non è sempre corretta. In particolare, il modo come è stato calcolato il rischio relativo di infettarsi di una persona non-vaccinata rispetto ad una persona vaccinata è errato. Visto che tale dato è spesso citato dagli scienziati, politici e giornalisti, si fornisce un’informazione sbagliata alla cittadinanza e si usa questo dato inesatto per giustificare certe misure relative alla pandemia di COVID-19.
Di seguito si richiamano i dati forniti dall’Istituto superiore di sanità. Il file da dove sono presi è scaricabile dall’indirizzo https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Bollettino-sorveglianza-integrata-COVID-19_21-dicembre-2021.pdf. Il bollettino si riferisce ad un periodo di 30 giorni, dal 05/11/2021 al 05/12/2021 (pag. 23, penultimo paragrafo). In effetti non tutti i dati sono relativi a questo periodo, come si può vedere dalle indicazioni riportate nelle tabelle 4 e 5.
Le pagine, indicate di seguito nelle parentesi, per poter facilmente controllare i dati, si riferiscono al file PDF, non a quelle indicate nel fondo dei singoli fogli.
Nella tabella 4 (pag. 22) sono riportati i dati numerici effettivi, cioè quelli misurati in campo. Tali dati sono usati per produrre la tabella 5 (pag. 25), per calcolare le incidenze su 100.000 abitanti e da tali incidenze calcolare il rischio relativo non-vaccinati/vaccinati per varie voci. Le tabelle sono inserite sotto.
Nelle colonne sono indicati i gruppi delle persone non-vaccinate e vaccinate. Il gruppo vaccinati è suddiviso in 4 sottogruppi, in funzione dello stato vaccinale.
Le 4 righe riportano le categorie legate alla malattia: diagnosi Covid (persone risultate positive al test, cioè contagiate), ospedalizzazioni, ricoveri in terapia intensiva e decessi. Tutte le righe sono suddivise in 4 sottogruppi in funzione delle fasce di età. Nella tabella 4 c’è una riga in più, la prima: indica il totale della popolazione per vari gruppi e per le varie fasce di età.
Per la riga della categoria 1, diagnosi Covid (persone contagiate), nella tabella 5 come denominatore è usato la popolazione del gruppo interno, anziché, come dovrebbe essere, la popolazione che si è sottoposta al test. È un modo errato di interpretare il dato. Probabilmente tale dato non è disponibile.
Per ottenere le incidenze su 100.000 abitanti nella tabella 5 sono stati presi i dati dalla tabella 4 moltiplicati per 100.000 e divisi per il numero del gruppo al quale appartiene il dato. Il primo numero nella tabella 5 (diagnosi non-vaccinati, età 12-39) è pari a 2176,70 persone/100.000. Questo numero è ottenuto prendendo il numero relativo della tabella 4 (diagnosi non-vaccinati, età 12-39), pari a 64.774 è stato moltiplicato per 100.000 abitanti e diviso per numero delle persone in questa fascia indicato sempre nella tabella 4 (2.975.787), ottenendo così: 64.774*100.000/2.975.787 = 2176,70 il numero citato sopra della tabella 5. Il numero dell’incidenza totale non torna così precisamente perché è stato usato tasso standardizzato, come indicato sotto la tabella 5, nota con ****. Comunque, tale numero non si discosta molto: con il tasso non standardizzato si otterrebbe 140.677 (totale contagiati non-vaccinati) *100.000/7.031.651 (totale non-vaccinati) = 2.000, mentre il valore standardizzato è 1919,20 (tabella 5).
Facciamo un calcolo semplificato per vedere il rischio relativi tra non-vaccinati e quelli vaccinati totali, unendo tutti i vaccinati in un gruppo. Usando la tabella 4 si ha il numero dei non-vaccinati e vaccinati:
Persone non-vaccinate 7.031.651
Persone vaccinate 1.502.381+28.222.661+13.119.984+4.133.267 = 46.978.293
Persone vaccinabili 7.031.651 + 46.978.293 = 54.009.944
Sempre usando la tabella 4 ma con riferimento ai contagiati totali (diagnosi Covid):
Il rischio relativo dei non-vaccinati rispetto a quelli vaccinati sarebbe di 0,0200/0,0056 = 3,56, cioè un non-vaccinato rischia 3,5 volte in più di essere contagiato. Dalla tabella 5, il rischio relativo per le 3 fasce dei vaccinati (manca la fascia dei vaccinati con una sola dose!?) risulta pari a 2,4 – 3,6 – 6,6, conforme al valore semplificato ottenuto per tutto il gruppo, pari a 3,56.
Questo dato, per essere plausibile, necessità che la percentuale delle persone testate deve essere in rapporto uguale a quello delle persone dei gruppi di provenienza. In totale abbiamo:
Supponiamo che in un giorno abbiamo 540.00 persone testate (in quel periodo c’erano dei giorni con questo numero). È l’1%, cioè un centesimo della popolazione vaccinabile e ci permette dia avere visualmente controllo dei calcoli che facciamo. Visto che si lavora con i tassi, questa scelta non ha alcun’influenza sul concetto del risultato. Pertanto, su 540.000 testati, dovremmo aver testato:
Non-vaccinati 0,130*540.000 = 70.200
Vaccinati 0,870*540.000 = 469.800
Qui ci dobbiamo fermare è riflettere un attimo. Vi sembra plausibile che sono stati testati soltanto 13% dei non-vaccinati? I non-vaccinati, per poter lavorare, devono fare il test e ce ne sono tanti. A me questo rapporto non convince per niente, ma i dati ufficiali sulle persone testate non-vaccinate/vaccinate non ci sono. Una conferma che i tamponi in questo periodo sono stati molto diffusi tra le persone non-vaccinata, che dovevano ottenere il green pass per lavorare, si trova anche nello stesso rapporto ISS (pag. 7): Nell’ultima settimana (nonostante il dato sia ancora da consolidare) si è osservato un ulteriore aumento dei casi e dell’incidenza in tutto il territorio italiano (Figura 2). Da circa due mesi si osserva anche un forte incremento dei tamponi effettuati, verosimilmente dovuto ad un intensificarsi dello screening necessario per il rilascio della certificazione sanitaria a fini lavorativi (dal 15 ottobre è entrato in vigore l’obbligo di possedere il Green Pass per tutti i lavoratori).
Calcoliamo il numero delle persone contagiate nel nostro gruppo testato di 540.00 persone, usando il tasso di positività sopra calcolato (2,00% e 0,56%).
Non-vaccinati positivi 70.200*0,0200 = 1.404
Vaccinati positivi 469.800*0,0056 = 2.631
Adesso ipotizziamo che il tasso del contagio tra i non vaccinati e quelli vaccinati sia uguale, cioè che il rischio di contagiarsi per una persona non-vaccinata e una vaccinata sia uguale: si deve avere un rischio relativo pari ad 1. Usando il nostro gruppo di 540.000 persone testate è i numeri dei contagiati (positivi al test) calcolati sopra (1.404 non-vaccinati e 2.631 vaccinati, impostiamo le due equazioni con due sconosciute: X = gruppo delle persone non-vaccinate sottopostesi al test e Y = gruppo delle persone vaccinate sottopostesi al test. X + Y = 540.000 (1.404/X) / (2.631/Y) = 1,00
Risolvendo il problema si ottiene X = 187.739 e Y = 352.261. Rapporto tra i gruppi è 187.739/352.261 = 0,533: il gruppo di vaccinati è ancora doppio rispetto ai non-vaccinati. Anche questo rapporto non convince del tutto, pertanto si potrebbe addirittura supporre che i vaccinati corrono un rischio maggiore per contagiarsi con virus COVID-19.
Per mostrare in un altro modo che il modo come ISS ha calcolati questi numeri (rischio contagio non-vaccinati/vaccinati) non è corretto, facciamo un’ipotesi assurda: per 30 giorni i non-vaccinati decidono di non fare i tamponi. In tale caso risulterebbe che il rischio per infettarsi per i non-vaccinati praticamente non esiste e dai dati forniti non si vedrebbe che le persone non-vaccinate non si sono sottoposte ai test. Questa è la semplice prova che il modo di calcolare il rischio di contagiarsi adattato dall’ISS non è corretto.
Prima volta sono entrata alla Scala quasi 30 anni fa. Frequentavo un corso di italiano per gli stranieri e la professoressa ha organizzato un pomeriggio al teatro. Abbiamo assistito ad un concerto di voci bianche. Ieri sera sono riaffiorati i vecchi ricordi insieme alla emozione di trovarsi di nuovo alla Scala. Nel corso degli anni ho visto tante prove generali grazie ad un amico che faceva la maschera. Lui aveva sempre qualche biglietto gratis e generosamente lo regalava alle amiche. Anche il balletto è stato un regalo. Il Comune di Milano ha organizzato una serie di concerti in diversi posti in città con la serata finale alla Scala. I biglietti sono andati alle persone, come me, che alle ore 14:00 il giorno annunciato sono state davanti al computer pronte a scegliere i posti ed effettuare la registrazione sul sito della Scala. In giro di un quarto d’ora tutti posti sono stati esauriti. Quando ho finito a registrarmi ho avuto il messaggio che i posti non ci sono più. Ero arrabbiata e delusa. Dopo cinque giorni nella mail ho ricevuto i biglietti e la mia gioia è stata raddoppiata per la rabbia che l’aveva preceduta.
Per organizzare la serata perfetta, la prima cosa a cui ho pensato è stata: dove facciamo l’aperitivo? Avevo in mente qualche bar con il terrazzo e bella vista, ma siccome questi luoghi sono di solito affollati e anche molto turistici ho abbandonato l’idea. Un’amica mi ha suggerito il Caffè Trussardi. Mi è piaciuta l’idea. Mi sono ricordata di questo posto molto carino in cui sono stata un bel po’ di anni fa. Purtroppo l’abbiamo trovato chiuso. Non c’è più, ha avuto il destino di tanti bar, ristoranti, alberghi che hanno dovuto chiudere l’attività. Il calo drastico dei turisti a Milano è evidente. Non è come prima, bella lo stesso, più calma e forse più vivibile. A questo punta, la scelta per l’aperitivo era proprio accanto alla Scala, Caffetteria Il Foyer. Bellissimo bar con le poltrone rosse di velluto come quelle al teatro. C’era il posto fuori e poca gente. Mio marito era contento, gli piace stare al aperto perché fuma. Il piato che aveva preso era ottimo, da bere pure, insomma prometteva bene anche il resto. Confesso che il suo gesto quando ha ordinato il secondo bicchiere di prosecco, dicendo che così il cameriere non gli deve dare il resto e c’è la mancia che voleva lasciargli, mi è piaciuto tanto. Quando leggerà questo articolo comprenderà che dopo tanti anni insieme ho iniziato ad apprezzare certi atteggiamenti.
Lo spettacolo iniziava alle 21 e dalle 20:30 si poteva entrare. D’usanza, le donne giovani addobbate, si facevano fotografare davanti all’ingresso; c’erano anche quelle meno giovani. Nell’atrio, i volti dei presenti dimostravano stupore e piacimento. Le teste maggiormente erano rivolte verso imponenti lampadari di cristallo, ma ovunque si poggiava lo sguardo c’era da meravigliarsi. Suppongo che alcuni sono entrati al teatro per la prima volta, non per l’atteggiamento. Trovarsi alla Scala e sempre emozionante. Penso che lo è ancora di più in questo momento particolare. Per tanti mesi non si è potuto andare al teatro, al cinema, al museo. Erano chiusi, e la gente chiusa in casa non vedeva l’ora di tornare in questi luoghi. Quando mi sono seduta in quarta fila, i posti centrali della platea, ho pensato di sognare; una sensazione bellissima. Credo che la maggioranza presente nella sala ha provato lo stesso. Non ho dubbi che sia un luogo sacro, il tempio della gioia. Quella serra il corpo di ballo ha presentato diversi pezzi, molto diversi tra di loro. Il pubblico ha avuto l’occasione di vedere la loro bravura in tutte le varianti; le coreografie classiche di Nureyev a quelle meno classiche. Il lago dei cigni con una breve rappresentazione, naturalmente, non poteva mancare.
Cosa dire alla fine di una serata meravigliosa che ringraziare per il bellissimo regalo. Auguro agli artisti ogni bene e che la loro attività guidata dall’amore e grande passione non cessa mai. Tornando a casa abbiamo camminato tra le vie del centro storico quasi deserto. In quel momento mi sarebbe piaciuto sentire un pochino del rumore di una volta e magari trovare una gelateria aperta.
Lo scrittore è uno spagnolo di nome Francisco Ledesma. La prima domanda del potenziale lettore dell’articolo potrebbe essere: mi raccomandi questa lettura? Avrei una certa incertezza (bello il gioco delle parole). E’ il secondo libro di questo scrittore che ho letto, nel periodo di pochi mesi. Il primo mi è piaciuto molto, specialmente lo stile di scrittura. Francisco scrive i gialli e a me piacciono soltanto quelli di altissimo livello, cioè dove la storia fila liscia e dove le azioni sono motivate. Il primo libro ci si avvicinava, e come dicevo, aveva una certa personalità trasmessa dal modo come si esprime l’autore. Tutto sommato, il primo mi è piaciuto abbastanza (4 stelle su 5) ed è il perché ho preso il secondo. Questo qui recensirei con un 3 stelle, sempre su 5. All’inizio prometteva molto e quasi mi piaceva di più rispetto a quel libro precedente, ma andando avanti le cose si complicavano, saltavano fuori delle cose del tutto ingiustificate, tranne per mandare avanti la storia.
Si tratta di due storie parallele che confluiscono in una; è una tecnica che mi è sempre piaciuta, ma per riuscire bene deve essere perfettamente congruente. Qui iniziano i problemi. Svelo un po’ la storia per poterla commentare. C’è in ballo un assassino che deve ammazzare un uomo, ma la storia è legata ad un assassinio già avvenuto di una bambina, con il quale inizia il libro. Dopo si comincia a capire che i personaggi sono legati tra di loro, in alcuni casi anche con le relazioni parentali. L’assassino della ragazzina è stato ammazzato di un altro killer, in quanto ha commesso degli errori che potevano portare al vero ispiratore del malfatto. Indagando, il nostro ispettore Mendez, il personaggio chiave della maggior parte dei romanzi di Ledesma, scopre che l’assassino ammazzato ha passato tanto tempo in prigione, dove è stato violentato dagli altri prigionieri, e che all’interno ha fatto molte altre cose, tra le quali studiava la storia dell’antico Egitto. Da quegli studi provengono certe conclusioni che aiutano il nostro ispettore a risolvere l’enigma.
La domanda che si pone è: perché il tizio ha studiato la storia egiziana? Era una persona di basso livello culturale, si drogava e non c’entrava niente con il paese di Medio Oriente. Unica spiegazione è, per dare una mano all’ispettore Mendez, e questa non è una buona risposta perché la storia come è stata presentata semplicemente non fila liscia: qualcuno direbbe che zoppica, ma molto. Pertanto, ho deciso di non prendere in prestito dalla mia biblioteca gli altri libri del romanziere, ma non vi dovete fidare molto di me. Forse anche il libro del quale parlo è il suo peggiore, che mia ha portato sulla strada sbagliata. Comunque, meglio leggere anche un libro non tanto buono che passare le serate guardando la televisione. Perché il giallo vero è nascosto là, nelle nostre vicende politiche, quotidiane. L’assomiglianza mi è venuta subito mentre scrivevo il titolo del libro: un dio da marciapiede. Quasi si riconosce il nostro ministro degli interni. Perché lascia l’impressione che si sente un Dio, che è superiore a tutti e che è lui che comanda.
Non mi vergogno di dire che all’inizio mi piaceva. Ma si tratta di un mio difetto personale. Ma piacevano anche Berlusconi e Renzi, insieme con molti altri che sono passati per il palcoscenico italiano egli ultimi 25, 30 anni. Ma dopo un periodo di innamoramento, che variava come lunghezza in funzione del personaggio l’oggetto di quella sublime emozione, la delusione veniva sempre. Salvini mi piaceva come personaggio, ma con lui dividevo anche molte idee, oppure mi sembrava così. Quando è salito sul trono del governo, in quel primo periodo, era impeccabile, ovviamente del mio punto di vista. Sugli attacchi, su certe dispute con l’opposizione o con l’alleato del governo era sempre contenuto, mai litigioso; aveva una certa eleganza comunicativa. Negli ultimi mesi le cose sono cambiate notevolmente. So che molti rideranno, ma a me sembrava anche umile, almeno in alcune occasioni.
Non so se ha cambiato lo staff dei consiglieri, oppure lui stesso ha cambiato, ma il peggioramento è indiscutibile. Quello che odiavo sempre di più nei rapporti umani era il minacciare, senza pensare seriamente di realizzare la stessa minaccia a certe condizioni. E’ un comportamento da bambini, ma da adulti è una cosa poco piacevole che mostra la loro immaturità. Ma da noi i Dei non mancano proprio. Tutti quelli che si vedono nelle varie trasmissioni televisive si comportano così. Ognuno sa come vanno a finire le cose, che il governo dopo le elezioni europee cadrà, che tutto andare in frantumi; più catastrofici sono, meglio è, o almeno loro pensano in quel modo. Non vede un minimo motivo per il quale l’esecutivo dovrebbe spaccarsi. Gli stipendi che prendono sono ottimi e se si considera cosa danno in cambio, sono semplicemente fantastici. Mica quelli vogliono cercarsi un lavoro vero.
Si capisce che la parola che ripeto nel titolo mi piace molto. Tutti noi siamo i principianti. Siamo venuti qui, sul mondo, senza nostro volere, per puro caso. Una donna ed un maschio facevano certe attività molto piacevole. Cerchiamo di essere realisti e dire le cose come stanno: a volte anche la donna si diverte, ma se il maschio non si gode quest’attività, ciao, ciao: noi non veniamo messi al mondo. Così, grazie al divertimento, dopo un po’ di mesi compariamo anche noi e siamo al principio. Magari fossimo anche un principino… La storia inizia così, e noi per tutta la vita rimaniamo all’inizio, e possiamo considerati ignoranti. Ogni tanto impariamo qualcosa, acquistiamo una nuova esperienza e su quel aspetto possiamo ritenerci di avere un po’ di esperienza e che siamo usciti da questo vincolo ceco. Guardando localmente, siamo diventati colti, ma globalmente mica tanto. La società di oggi e l’ambiente che ci circonda, sono così complessi che è praticamente impossibile diventare saggi globali.
Quando andiamo a scuola, ci insegna certe cose, ci preparano per una professione, ci danno le basi per agire in un campo con certe conoscenze. In questo modo riusciamo a svolgere il nostro lavoro, dopo il primo periodo dove siamo sempre principianti, in un modo più o meno decente. Adesso arriviamo al sodo: il governo. Sì, parlo di questo attuale, ma il riferimento è molto più largo e comprende quelli precedenti, nei decenni passati, e ho paura che dentro sono anche quelli futuri, che probabilmente continueranno il trend di peggioramento. Il governo dei romanisti, in quanto giallo-rosso, mostra una notevole dose di dilettantismo. Sono pochi ministri che si trovano in una posizione giusta, perché capiscono qualcosa di cui si occupano. Il comandamento è che tu non devi essere un bravo professionista, ma devi saper gestire le cose, anche quelle che non conosci. Loro sono appassionati della politica e per loro lo scopo è politicizzare. Ma la loro passione principale è diventata la rielezione. Tutto per mantenere la sedia e lo stipendio. Ecco la mia proposta: dimezzare le loro buste paghe. Non ci sono molti posti di lavoro con 14 mila netti al mese. E’ una continua giostra: uno scende ed uno si imbarca.
Vediamo il grande capo, quello del governo. Darei 50 euro per sapere come mai è finito in quella poltrona. Per puro caso, ritengo sia possibile, oppure ci sarà qualcosa o qualcuno dietro. Comunque, guardano dal loro punto di vista, se la cava egregiamente, e questo grazie a noi che nei sondaggi diamo molto in alto. Ma perché ci piace? Scusate, devo riformulare la domanda: perché vi piace? A me non piace! Una persona che imbellisce il proprio curriculum dal mio punto di vista non è una persona corretta. Lui stesso non si sente abbastanza bravo e deve inserire qualche non verità all’interno del suo curriculum. E voi lo voterete? Io no! Ci sono altre cose poco lusinghiere sul suo conto, ma non voglio farvi perdere tempo, specialmente se è il vostro tipo, perché continuerete ad ammirarlo. Lui è un avocato e non ha mai avuto la responsabilità di dirigere qualcosa di importante. Figuriamoci un paese. Una persona che per un mandato a fatto il sindaco di un comune, per me è più chiamato di guidare il paese.
Guardate i ministri del governo. Qualcuno vi sembra uno bravo, che capisce qualcosa del ministero che guida. Forse quello dell’economia a qualche titolo, ma è talmente conservatore che non capisce nemmeno in che mondo stiamo vivendo. A me particolarmente piace il ministro della salute. Visto quello che ci circonda in questo momento, cioè la pandemia, il suo nome è più che adatto: speranza. Qualcuno aggiungerebbe che è ultima a morire. Guarda un po’, è un avvocato anche lui. D’accordo, uno anche può imparare cos’è un virus, ma tra poter definire l’oggetto e capirlo ci sono gli anni luce. Avete sentito qualcosa di intelligente da parte sua oppure qualche misura innovativa messa in campo grazie alla sua esperienza nel campo della sanità? Lui è come un mangianastri (/non voglio menzionare il famoso uccello per non sembrare offensivo) che ripete quello che altri hanno detto. Perché lui raccoglie le informazioni, le elabora e le ripete. Ovviamente, si prende anche i 14 mila al mese. Dai ragazzi, lui è di un partito minuscolo che sostiene la maggioranza e loro dovevano essere ripagati per il favore. Non potete aspettarvi che tra 7 persone che compongono il partito ci sia anche un medico, per esempio.
Il governo si bussa sul petto come hanno gestito l’emergenza, che i loro metodi sono stati copiati da tutto il mondo civile e incivile. L’azione principale che hanno messo in campo non è proprio loro originale ed è piuttosto datata. Risale a qualche centinai, quasi mille anni fa, ed è la stessa che utilizzavano nel medioevo: la quarantena. Verso metà del medioevo hanno capito che coprirsi la bocca potrebbe aiutare e hanno inventato le mascherine, e rendetevi conto che non avevano nemmeno un team degli scienziati dietro. Pura intuizione e un po’ di riflessione.
Quando inventavo e scrivevo il titolo, mica pensavo a voi, i miei cari visitatori. Forse qualcuno š arrivato qui cercando la parola chiave riportata nel titolo. Ammetto, è una mia furbizia per attirare qualche ospite in più, ma è da provare il funzionamento concreto. Tra l’altro, il blog non fornisce le statistiche sugli accessi e pertanto non potrò verificare il successo della mia mossa marketing. Ma almeno mi diverto di più, pensando anche attorno alla vicenda intitolata. Quando scrivo la parola principianti, in questo contesto, mi riferisco alla dirigenza del nostro paese, i nostri cari (è soltanto un modo di dire, per non offendere con le parole pesanti) politici. Semplicemente hanno dato la prova inconfutabile della loro incapacità. Insieme a loro si sono sputtanati anche alcuni giornalisti che vogliono mostrarsi indipendenti e obiettivi, ma sono al servizio del potere, uno o altro.
Comincio con un giornalista vicino al Movimento 5 Stelle. Il direttore del Fatto Quotidiano. Difende indifendibile, visto che i suoi cuccioli sono quelli che hanno fatto il disastro principale; non voglio togliere il merito anche agli altri. In una trasmissione televisiva lo chiedono se lo scudo ambientale si trova nel contratto. Lui dice di no; si trova in un addendum allo stesso contratto!? Ma se l’addendum fa parte del contratto, non è più semplice dire che e dentro, oppure si vuole confondere la gente a casa. Forse qui sono troppo pignolo per il semplice motivo che il tizio non mi sta proprio simpatico, ma la successiva è una perla. Dice che nel contratto c’è un articolo che dà la possibilità all’impresa di rescindere l’accordo nel caso del cambiamento, per loro negativo, della normativa. Lui, cioè Marco T., sostiene che si intende la normativa interna allo stabilimento. Ma cosa dici? L’impresa fa questa normativa interna e può rescindere il contratto perché quello cha ha fatto non le piace; soltanto a pensare una cosa di genere non è da uno che tra l’altro è anche un avvocato.
Ed i politici, quelli al governo, sostengono delle cose fuori da ogni ordinamento giuridico. Di Maio parla della distrazione di massa da parte dell’azienda e dice che il fatto di aver tolto lo scudo non c’entra niente con il problema. Il problema vero è che quelli di Ilva non riescono a mantenere il piano industriale e vogliono dimezzarlo, lasciando a casa cinque mila operai. Lo stesso sostiene anche Del Rio, ma è un po’ più sincero: dice che l’eliminazione dello scudo ambientale è servito all’impresa di annunciare il ritiro. Inoltre, aggiunge che occorre al più presto ripristinare lo scudo per togliere l’alibi ai franco-indiani. Semplicemente ammette che il governo ha fatto una mossa errata che ha permesso alla potenziale, futura proprietà di tirarsi indietro. Di Maio insiste sul fatto che proverà che loro stavano pianificando già da mesi una ritirata. Bravo Luigi, così il governo li ha dato una mano. Oppure loro hanno chiesto ad alcuni esponenti una mano e il decreto che toglie lo scudo non è una cosa così improvvisata, da principianti. Tutti abbiamo sentito parlar di lobbying, delle persone che esercitano la pressione sui corpi politici per ottenere i decreti a loro favorevoli. Quasi sempre pagano questi favori, non necessariamente con i soldi.
Guardando la faccenda nel suo complesso posso arrivare a due conclusioni, alternative tra di loro. Una: il governo è totalmente incapace ed anche l’avvocatura dello stato non se la passa meglio. Due: la dirigenza dell’Ilva ha giocato sporco (forse la parola è troppo radicale) spingendo il governo di stare al gioco. Quale è la verità. Come su tutte le faccende non sapremmo mai con l’esattezza cosa è successo, anche se per adesso il gioco non è ancora finito. Vi faccio una domanda che mi sono fatto qualche giorno fa da solo. Se doveste rivolgervi ad un avvocato per una cosa molto seria, andreste da quello che in questa vicenda rappresenta lo stato oppure dal tizio ingaggiato dall’avversario? Non so perché, ma opto per la seconda soluzione, quella meno patriotica. Perché di questi patrioti che ci guidano, io non mi fido.
Finalmente è finita! Ieri, 20 maggio 2019, ho visto l’ultimo episodio, lo stesso giorno in quale è presentato al pubblico pagante, gratuitamente. Ma torno un po’ indietro, almeno una decina di anni fa. Era il periodo pasquale. Passeggiavo per la città. La giornata era bella soleggiante e la temperatura molto mite. Ad un certo punto vedo un negozio che vende i libri ed una coda davanti. Gironzolavo senza una meta precisa, avevo a disposizione tutto il tempo che volevo e così ho deciso di mettermi in coda anche io (oddio le code), senza sapere cosa sto aspettando. Qualche volta mi viene voglia di fare qualcosa di strano, irragionevole. Io sono tutto cervello, e probabilmente ho bisogno di cambiare ogni tanto l’atteggiamento, per bilanciare le diverse energie che si trovano dentro di me.
Dopo meno di mezz’ora ero dentro. C’era un tizio basso, abbastanza grasso, con la barba, che firmava un libro. A me sembrava un vecchio lupo di mare. Era lo scrittore Gorge R.R. Martin, l’autore della serie di libri intitolati Il trono di spade. Ho comprato il libro e me lo sono fatto firmare dal tizio. Lui emanava qualcosa di strano, una specie di radiazione positiva che si poteva quasi toccare. Mi ha chiesto come mi chiamo e mi ha scritto una bellissima dedica: Gino, che tutti i tuoi inverni possano essere corti. Dopo aver letto il libro, la dedica ha acquisito anche un altro significato; non mi ci metto qui a spiegarlo. Da allora, aspettavo con l’ansia l’uscita dei nuovi libri e li ho letti tutti. Dopo è arrivata la serie televisiva basata sui suoi libri, circa 8 anni fa.
Le prime 2, 3 stagioni mi sono piaciute moltissimo. I libri erano seguiti quasi a lettere, con tempo mi sono identificato con i personaggi, ed anche qui non vedevo l’ora che uscisse una nuova stagione. La qualità iniziava a variare, specialmente dal momento che la serie diventava indipendente in quanto la storia è andata oltre quella presentata nei libri. Se mi ricordo bene, la quinta stagione mi è piaciuta molto poco, ma dopo è tronata ai livelli più alti. Un mese fa è partita l’ultima stagione, l’ottava. Mia figlia si è messa a seguire gli episodi dall’inizio e non smetteva di parlare, senza ovviamente spoilerare niente: l’avevo minacciata di disereditarla se mi scopre qualche dettaglio. La settimana che precedeva l’ultimo episodio mi sono messo a guardare anche io. Ci sono soltanto 6 episodi e se si fanno 2 a volte, in 3 giorni è fatta.
Le prime due, faccio fatica a trovare l’aggettivo corretto, ma quello che si avvicina di più sarebbe noiose. Tutto a rilento, senza succo, senza battute ciniche ed ironiche del nano. I dialoghi altrettanto noiosi. In effetti, da un po’ di tempo, che Martin non collabora per le sceneggiature e mi sembra che questo si sente anche nella qualità. Dopo, avevo anche la sensazione che gli attori sono diventati tutti mosci, interpretando i loro personaggi senza alcuna passioni, in modo disinteressato. Così sono arrivato al terzo episodio: la battaglia con i morti viventi. Sedevo là rilassato e guardavo disinteressato. La battaglia si svolge di notte e tutte le scene sono al limite della visibilità. Spesso non riuscivo a capire quale dei personaggi è presente nella scena. Dopo sono arrivati gli altri due episodi, il quarto ed il quinto. Noia a non finire e il mio giudizio diventava sempre più severo e negativo.
Ieri, finalmente l’ultimo episodio. Dai, così finisco a guardare questa cosa inguardabile e chiudo la questione. Mia figlia ha deciso di vedere l’ultimo episodio insieme a me; tutti gli altri li ha visti prima di me. Tutta la giornata ipotizzava come poteva finire, che diventerà il re e robe di genere. A me non fregava niente, la questione non mi appassionava. Finita la cena ci siamo messi davanti al televisore. Il grande evento è partito. Ero disteso non aspettando niente. L’inizio era la continuazione degli episodi precedenti: barboso. Ma non soltanto. E’ una storia fantastica e tutto può succedere, ma fino ad un certo limite. Un minimo di motivazione dovrebbe esserci, almeno dal mio punto di vista. Il drago che sputa il fuoco e sembra che sputi i proiettili perché gli edifici subito cadono. Il mastino che trafora suo fratello con la spada ma questo continua a picchiarlo. Alla fine, gli infila un coltello tra gli occhi, ma questo continua a combattere. Ragazzi, un po’ troppo, non vi pare. L’azione della Daenerys, la regina, che si mette sul drago e dopo aver già vinto la battaglia brucia tutta la città e le persone innocenti; pura cattiveria immotivata per toglierla dalla scena ed aprire la porta ad un nuovo re, che nessuno si aspettava. Così è andata la prima parte ed iniziata quella seconda, finale, dopo la battaglia. Ecco, questa mi è modestamente piaciuta. Introduzione del re scelto, anziché uno ereditario è un elemento di democrazia; era forse il messaggio che si voleva diffondere. Tutto sommato, la finale gli è andata bene, e alla fine, durante il consiglio di governo del re sono tornate anche le famose battute di Foletto; per coloro che non lo sanno, c’è un libretto con le sue battute.
Mentre stamattina riempivo la moka con gli ingredienti necessari per produrre un caffè, le rotelline del mio cervello giravano. Prima che il liquido nero uscisse dalla caffettiera avevo già deciso di aggiornare il mio manifesto politico, che sarebbe questa cosa qui. Mi giravano da ieri sera alcune frasi che ho sentito in TV e sentivo la necessità di dire la mia. Il caffè è finalmente uscito ed è stato versato nella tazza con l’aggiunta di un cucchiaio di zucchero. Mi sono ripercorso la serata precedente partendo dalla fine, dall’argomento meno impegnativo: il calcio.
Ho visto la partita della Juve in streaming, su quel famoso canale spagnolo che fa vedere gli eventi sportivi in tempo reale, gratuitamente. Lo streaming è andato abbastanza bene (non succede sempre così) e la partita me la sono goduta. Bella e vivace, con tanta corsa e tanto impegno da entrambe le parti. La Juve era decisamente migliore e alla fine ha vinto con il minimo scarto. Erano molto superiori e nonostante le numerose occasioni sono riusciti a segnare una volta sola. Verso la fine l’avversario ha preso anche un palo e in un attimo il risultato poteva essere ribaltato. Si tratta della solita inefficienza delle squadre italiane che, anche quando presentano un ottimo gioco, realizzano molto poco. Ma quello che faceva lavorare il mio cervello è successo prima della partita, nella puntata Otto e mezzo della La7.
Si parlava della bocciatura della commissione europea della nostra manovra economica per l’anno successivo. Due dei tre ospiti criticavano la manovra e davano ragione all’Europa, in accordo con quanto espresso anche dal capo dello stato. L’unico difensore il giornalista Luca Telese. A me il governo non è antipatico (difficilmente direi che mi è simpatico), ma la difesa di Luca era del tutto aleatoria. Ha detto che in Europa quasi tutti i stati hanno il redito di cittadinanza e che siamo il paese dove occorre lavorare di più per andare in pensione. La conclusione era che l’Europa, con la bocciatura del Def, non ci permette di allinearci con gli altri stati membri. Molto semplice e forse anche convincente per gli ammanti del governo. Aspetta un attimo, pero! Loro non hanno bocciato le misure, ma i conti che le seguono. Hai un deficit enorme e vuoi adeguarti agli standard europei indebitandoti ancora di più.
Luca, negli ultimi 40 anni altri investivano i soldi nei servizi sociali, nel welfare, per il bene dei propri cittadini. Da noi invece si utilizzavano per la corruzione, si buttavano via nelle opere mai realizzate e si davano incentivi alla gente per racimolare i voti nelle elezioni nazionali e regionali. I soldi sono stati spesi senza un beneficio per la comunità e sono spesso finiti nelle tasche di poche persone, spesso già molto ricche. Caro Luca, non si possono estrapolare le cose ed esaminare soltanto un lato, trascurando gli aspetti che non ti piacciono. Sei un giornalista, non un politico, e dovresti dare le informazioni corrette alla gente, non portare l’acqua su un mulino di dubbio valore. Mi chiedo se lo fai per la convinzione o per avere qualcosa in cambio?
Adesso dico io come vedo la manovra. C’è un fatto che quelle precedenti sono state approvate dall’Europa, ma a noi normali cittadini è andata sempre male. Pertanto, la convalida non è una garanzia della bontà del programma. I burocrati europei guardano le regole. Io sono uno che ci tiene alle stesse e ritengo che il nostro problema principale è che spesso c’è ne fregiamo delle stesse. Ma in questo caso non ne sono tanto sicuro che è meglio rispettarle. Le previsioni del governo sono molto ottimistiche, ma forse hanno ragione loro, oppure io sono troppo ottimista, e in questo caso le cose potrebbero andare bene.
A me il redito di cittadinanza convince molto poco. Il problema principale è l’ovvietà del fatto che con i soldi destinati a questa voce di bilancio, il redito non si può fare in misura che si evoca. Basta dividere le due cifre (ammontare previsto e la spessa annuo a persona) per veder che non c’è ne per tutti. Già sono allarmati anche quelli di 5 stelle per i possibili abusi e fino ad oggi non sono riusciti a preparare il testo della legge perché è semplicemente troppo complicato per le condizioni italiane. Si sa che noi siamo molto creativi per usufruire dalle occasioni che ci si offrono sul tavolo.
Mi piace invece il cambio della legge sulle pensioni. Con la Fornero non si apriranno mai i posti per i giovani. Molti imprenditori dicono che al posto di un pensionato prenderanno due giovani, anzi tre: speriamo. Così si riuscirebbe a partire con un’accelerazione più forte, nella quale speriamo tutti. Di ieri la notizia che aumentano le tasse sulle sigarette. Mi si è rivotato lo stomaco quando ho sentito la notizia. Mostra una totale assenza di creatività dei nostri governanti. Fanno la stessa cosa che facevano i loro predecessori. Si vede che i miei sentimenti pro e contro sono combattuti. Probabilmente c’è quella briciola di speranza che me li tiene ancora vicino al cuore, anche se la mia massa cerebrale esprime molti dubbi. Tra sei mesi ci si dovrebbe vedere qualche risultato, oppure no?
Fuori piove e io sto riflettendo. Sarebbe forse meglio dire, cioè più preciso, che mi sto riflettendo. Forse qualcuno osserverà che l’ultima affermazione non è molo corretta linguisticamente. Pensateci solo un attimo. Vi do un aiutino: il bagno. Certo, mi trovo dentro e sto davanti allo specchio che rimanda verso me la mia immagine. Non si tratta di un’attività cerebrale, ma di un fenomeno fisico. Di quelle cose fredde, senz’anima! Il tizio dall’altra part lo conosco. Lo visto anche nudo, spoglio dei vestiti. Triste! Avete mai notato che vedere una persona conosciuta nello specchio fa ridere. Ha una faccia conosciuta, ma molto diversa rispetto a come siamo abituati a vederla, direttamente, non suo riflesso. Cosa sto facendo qui nella stanza più visitata di un appartamento, in piedi, con lo sguardo fisso verso me stesso? Semplicemente sto riflettendo.
Perché appena mi sono alzato dal water dove stavo pensando, cioè mi scervellavo. Su che cosa? Elucubravo sulle faccende politiche attuali. Quelli più intelligenti non seguono nemmeno gli avvenimenti, fregandosi delle vicende che mettono a rischio la nostra integrità psicologica, la nostra tenuta ed equilibrio mentale. Perché rimanere in sé, con tutto quello che c’è attorno a me, non è un compito semplice. I protagonisti ti mandano fuori testa. Accendi lo schermo e vedi uno che dice scemenze, l’altro ci invade con la sua ottusità ed il terzo… cominciano a mancarmi gli attributi per descrivere l’orrore nostro quotidiano. In effetti, guardando indietro, non c’è niente di sorprendente. Tutto era facilmente prevedibile.
L’esito delle elezioni ha confermato i sondaggi molto meglio del solito. Le previsioni erano a pochissimi punti di differenza rispetto al risultato finale. Pertanto anche il futuro governo era intrinseco: un partito ed una coalizione che hanno bisogno di sostegno di arrampicarsi sulla poltrona che controlla le nostre vite. Il terzo scomodo, oppure comodo, è il principale sconfitto. Si può fare qualche combinazione anche con loro. Ma alla fine, veti e contro veti, non si fa niente. Effettivamente, nel momento quando scrivo non si ha ancora la certezza che tutto è andato in fumo, quello nero, per intenderci. Oggi quelli del PD decidono se vogliono parlare con i vincitori. Devo aprire una parentesi perché mi sono ricordato che oggi è compleanno della mia suocera: auguri!
Si capisce che non possono chiudere la porta alle 5S, cioè di rifiutare il dialogo con loro. Sarebbe molto inconveniente per loro dal punto di vista dell’immagine che darebbero. Pertanto decideranno di sedersi con il loro nemico preferito. Mi piace perché le ultime loro battute segnalavano 50 giorni persi negli abissi tra le 5S e la Lega, mentre il paese ha bisogno di una soluzione. Loro adesso faranno perdere almeno altrettanto, perché il popolo non ha più urgenza. Si vede che lo scopo dell’operazione è proprio far passare il tempo, sperando che per loro si presenti qualche spunto che potrebbe portare la speranza di tornare la dove erano una volta.
Dopo il loro dialogo si prospettano due possibilità. La prima è che gli incontri si proclamino inconcludenti e che l’intesa non sia possibile. Questa può durare una o due settimane, ma non di più. Per questa ragione, opto per la seconda conclusione: non prendono una decisione (anche se questa sarà ovviamente negativa) e rimandano la decisione alla base. Facciamo un bel referendum dove la nostra base deciderà quello che noi vogliamo, ma non possiamo dire. Il guadagno è doppio, scarico la responsabilità sulla base e guadagno ulteriormente il tempo. Alla fin, fine, il governo attuale, anche se è provvisorio, è nostro. Se riescono a portare a termine questo tipo di operazione, potrebbero anche guadagnare qualche consenso in più, se si andrà a rivotare. Per quelli delle 5S perderebbero una battaglia che comunque è invincibile in un modo ingenuo, e una parte del loro elettorato se ne accorgerà e tornerà alle sue origini, cioè al PD.
Ho scritto una marea delle sciocchezze? Molto probabile! Raramente riesco a indovinare gli sviluppi in questi casi, ma questa volta sento interiormente che potrebbe andare proprio in modo da me descritto, con qualche insignificante variazione che non cambierebbe il concetto espresso. Non mi rimane che l’attesa per vedere come finirà la fiaba. Alla fine ritengo che un governo di presidente sia una soluzione più probabile rispetto alle elezioni in quest’anno.
Per fortuna che ci sia Enrico Mentana e le sue maratone. Ieri si è svolto il referendum sull’indipendenza della Catalogna. A parte La 7 nessun altro emittente ha dedicato una diretta a questo evento. Una cosa che succede all’esterno non ci appassiona! Spesso non ci interessano nemmeno le cose che avvengono da noi. Ma Enrico sa che ci sono anche quelli ai quali piace capire meglio gli eventi che ci circondano. Spero che abbia battuto tutti con lo share ieri notte. Sono rimasto con lui, fino alla fine. Era quasi una quando sono andato a letto, con l’informazione che i catalani sono riusciti a far svolgere la loro consultazione e che la stragrande maggioranza di quelli che sono risusciti a partecipare ha votato sì! Ieri, appena mi sono svegliato, non troppo presto – sono un dormiglione, ho iniziato a seguire gli eventi. Dico subito la mia sulla legalità. Il quesito sul quale si vota è illegale, secondo la costituzione spagnola, ma il referendum non può essere illegale. Una consultazione popolare è per definizione il più alto livello della democrazia. Non puoi a nome della stessa democrazia cercare di cancellare un episodio di genere, specialmente non con la forza.
Non era un bel spettacolo guardare i poliziotti che sfondano le porte, trascinano per terra gente inermi e gli danno i calci. Il massimo erano i proiettili di gomma sparati sulla folla. Stamattina lego che hanno usato anche i lacrimogeni. Se prendo un qualsiasi dizionario troverò che hanno fatto il terrorismo. Hanno agito in modo di seminare il terrore, di spaventare la gente a tal punte che questi non vadano a votare. Ma i catalani sembrano gente molto coraggiosa. Lo stato Spagnolo ha fatto una figuraccia davanti ai propri cittadini a davanti a tutto il mondo. Non si tratta soltanto di uso della forza contro la gente inerte. Si tratta di incapacità di fare quello che si propone da fare. Hanno dichiarato in modo esplicito: non ci sarà alcun referendum. Ma la consultazione popolare c’era e come. Ha data anche un risultato molto netto. Mandare 12 mila poliziotti e non riuscire a bloccare l’azione parla molto chiaro sull’incapacità della dirigenza.
Si organizza la polizia in gruppi da 10 e hai 1200 gruppi, cioè si possono bloccare 1200 seggi elettorali in modo continuo, per tutto il giorno. Applicando un po’ di mobilità si potevano gestire molti di più. In televisioni si sono visti i seggi in centro di Barcellona pieni di gente e non bloccati. Non sapevano come fare oppure, addirittura non volevano farlo. Perché quando si riescono a presentare il 42% delle schede mi viene anche questo dubbio. Ufficialmente erano contro, ma sotto, sotto (non ne ho la più pallida idea perché) lascio fare. Semplicemente faccio fatica a credere che siano così incapaci. I catalani e la loro dirigenza erano bravissimi nel sfruttare i social media. In TV si sono visti soltanto gli eccessi delle cosiddette forze d’ordine. Non è possibile che tra 2 milioni di votanti nessuno ha agito con violenza, senza essere provocato. Ma scene simili non si sono viste perché non sono state filmate dai partecipanti. I poliziotti invece non si sono ricordati (perché non gli è stato detto) di filmare quello che potrebbe andare a loro favore.
Tutti si domandano: cosa accadrà adesso? Lo stato spagnolo per definizione deve agire con durezza; se no, hanno perso la partita. Ma già ieri molti che non simpatizzavano la separazione hanno cambiato l’idea. Se lo scontro continua potranno soltanto aumentare i simpatizzanti. Sembra, da quello che ho sentito e visto, che i politici catalani siano molto bravi a prepararsi per gli eventi e di prevedere la reazione per i vari scenari possibili. L’atto di separazione è già pronto e secondo me anche molte altre cose. Il loro problema principale è il riconoscimento esterno. Su questo campo dovranno affrontare un partita molto dura. Il soggetto principale e l’Unione Europea che non può andare contro uno dei propri stati membri, specialmente quelli di maggior importanza, come la Spagna. Chi potrebbe essere il primo? Partiranno i riconoscimenti ufficiosi, che non importano ma valgono, dei vari pertiti europei che vedono in Catalogna un esempio per il proprio futuro. Dopo si potrebbe trovare anche qualche entità importante, probabilmente fuori Europa che fa un riconoscimento ufficiale. Non tutti gli stati del mondo sono amici dello stato iberico. Fatto uno, presto si trovano anche gli altri. Ammetto, io tifo per separatisti!
Eticamente la cosa mi turba. Tanti anni fa tu hai sottoscritto un contratto con me per stare insieme. Nel frattempo ti sei stufato del nostro rapporto e vuoi interrompere il nostro precedente accordo. Io sono una persona orgogliosa: non mi vuoi più bene, vattene. Non mi metto in ginocchio per pregarti di rimanere contro la tua volontà. Purtroppo, ai livelli alti questo non funziona in quanto ci sono troppi interessi, specialmente economici: non ti lascio andare, perché non voglio perdere i tuoi soldi. Sempre soldi!
Finalmente è arrivato lunedì. Meno male! Così mi riposo un po’. Domenica precedente, 9 giorni fa, mia moglie ha all’improvviso avuto l’idea di cambiare qualcosa (le viene ogni tanto). Sapendo che io oddio i cambiamenti, ma ha dato due opzioni: ho lei cambia marito o cambiamo il mobiletto con lavandino e specchio nel bagno. Ho riflettuto a lungo e così nel pomeriggio ci siamo trovati in Ikea. Ha scelto tutto lei, con un minimo di assistenza da parete mia, quella tecnica. Per esempio, le ho fatto notare che il rubinetto che voleva non è compatibile con il lavello. Ci ho messo del tempo per convincerla, ma davanti alla prova inconfutabile, il buco sul lavello dove se inserisce il rubinetto era troppo piccolo per allogare l’oggetto del suo desiderio, ha ceduto. Tutto sommato, tutto è andato abbastanza veloce. Ci siamo messi in fila per la cassa. Cinquanta minuti. Tanta gente (domenica pomeriggio non andate là) e dopo si è rotta la cassa. Il montaggio era previsto per il week-end prossimo, quello appena passato.
Nel frattempo si è rotto un termosifone. Per fortuna siamo già nel periodo abbastanza caldo e non si è sentita la mancanza di riscaldamento. Un’amica della mia metà migliore le aveva dato il nome di un idraulico del paese. Sistemato il termosifone, gli è stato chiesto se riesce a montare e collegare il mobiletto comprato per il bagno. Ha messo due giorni e così quando sono tornato da casa era tutto a posto, tranne lo specchio nuovo che dovevo sistemare io. Occorreva fare due collegamenti elettrici per la luce led e lui non si è sentito. Entro per vedere cosa e come è stato fatto e cosa domani devo fare io. Prima occhiata era accompagnata da una doccia fredda. La stessa cosa che accade mentre commerciate con Forex, appena aprite una posizione che ha un trend accennato e un minuto dopo lo sviluppo cambia. Tolto il vecchio specchio è rimasta una parte di muro in vista, non verniciata. Quello nuovo è più piccolo e non copre la macchia. Bello, c’è da riverniciare almeno metà del bagno. Controllo il mobiletto e mi viene da piangere. Ci ho messo 3 ore per sistemare quello che potevo. Tre cassetti, di quattro, non chiudevano bene perché assemblati male. Nemmeno la parte puramente idraulica, lo scarico, è stata fatta come si deve. Unica consolazione che il prezzo non era troppo alto.
Sabato mattina un salto in un negozio di bricolage per fornirsi del materiale. Il problema principale era trovare la stessa vernice usata nel precedente lavoro, anche se questo non garantisce l’uniformità. E’ in effetti, adesso abbiamo metà del bagno con un colore lucido, un po’ giallastro, e l’altra parte opaca, verdastra. Errore di mia moglie. Meno male! Se avessi scelto io in modo errato che sa se mi dava da mangiare. Così ho passato due giorni di riposo lavorando fisicamente, verniciando, trapanando i fori per nuovo specchi, sistemando gli utensili e sbuffando. Piccola consolazione erano due, tre birre che mi aiutavano a trovare almeno un momento della felicità. Lei oggi, mentre io sono in ufficio, dovrebbe dare una terza mano, soltanto nella zona inizialmente non verniciata in quanto le prime due non hanno coperto bene. Io stasera dovrei soltanto montare lo specchio e collegare i fili. Ho preparato già tutto e dovrebbe essere un lavoretto da mezz’ora, ma non si sa mai.
La settimana passata ho visto una trasmissione in televisione sugli animali, quelli usati per la nostra alimentazione. C’erano dei vegani che sputavano su noi comuni carnivori. Per colpa nostra si ammazzano milioni di animali. Alle mamme (vacche, pecore e altre) si tolgono i piccoli per poter dare a noi il loro latte. Se mangi un uovo, hai commesso un delitto in quanto hai interrotto la vita del futuro pulcino. Alcuni vegani si sono messi in strada e facevano vedere ai passanti un video di una macelleria. Roba forte che lasciava una certa impressione e quasi tutti si scusavano per il fatto di trovare una bistecca sul piatto, ogni tanto. Il filmato faceva vedere le pecore sgozzate, appese per le gambe che perdevano il sangue e così morivano, in agonia. Ma nessuno a detto, in quella trasmissione, che quelle non sono immagini da una macelleria italiana, ma probabilmente un’islamica. In Italia è vietato usare questo modo e gli animali si ammazzano con un colpo in testa e soltanto dopo, già morti, si sgozzano. Solite scorrettezza per influire più facilmente la gente.
Alla fine, quei vegani volevano mostrare concretamente il loro amore verso gli animali. Hanno portato l’equipe televisiva in una loro fattoria dove le pecore e capre vivono liberamente, pascolano e riescono ad arrivare ad una età molto maggiore rispetto agli animali dedicate a finire sulle nostre tavole. Bello! Un paradiso animalesco. Peccato che ad un certo punto è uscito fuori che i maschi sono tutti castrati. Io ti amo e ti tagli le palle. Così tu sei più tranquillo, non metti incinte le femmine e io, cioè quelli della fattoria, non devono occuparsi delle rogne che quelle cose portano con sé. Forse quel montone preferiva finire nel piatto, ma con le palle.
Il mio lavoro consiste nel verificare dei progetti. Due settimane fa mi è stata messa sul tavola un opera ausiliaria progettata con il piede, quello sinistro. Tutto fatto senza un pensiero ingegneristico, curando (in modo non trasparente) soltanto la parte economica. Ho riportato tutte le osservazioni, una trentina sui soli 4 elaborati, e ho spedito il risultato della verifica al responsabile. Già allora, guardano quanto presentato dall’appaltatore mi è venuto qualche dubbio. Questa settimana è uscita la notizia sugli arresti (domiciliari) per la corruzione legata ad alcune, cosiddette grandi opere. Il mio lavoro era relativo ad una di queste.
Arrivo stamattina in ufficio e trovo una nuova e-mail. Hanno revisionato il progetto che avevo bocciato. Come al solito, la carta è accompagnata da una lettera di trasmissione. Guardo la firma e mi sembra di aver già sentito quello nome in firma. Controllo le ultime notizie e guarda un po’: è uno dei tizi che è accusato di aver messo nella tasca una bella somma. Non so se nel suo caso erano presenti anche le donnine? Bell’inizio della giornata. Bevo il mio caffè mattutino ed inizio ad aprire le tavole. Non hanno sistemato niente. Qui e la qualche ritocco formale, ma la sostanza, quella che fa orrore, è rimasta uguale. Incompetenza tecnica totale. Se io volessi rubare, sceglierei almeno un tecnico che sa cosa fa per nascondere molto meglio le cose che faccio e che non dovrei fare. Quasi, quasi mi offro per svolgere questa attività nel tempo libero. Potrebbe essere redditizio.
Ieri sera guardavo una di quelle trasmissioni di approfondimento politico. Nello studio era presente la presidentessa della camera. Tra le altre domande, le hanno chiesto se è favorevole alla diminuzione degli onorari (vista la grandezza faccio fatica ad associargli agli stipendi) dei parlamentari. Il conduttore ha ripetuto il quesito tre volte, ma non ha avuto la risposta concreta. La signora parlava di tutto, tra di quello che è stato chiesto. “Perché in aula sono presenti molte proposte per diminuire le spese e non soltanto questa di M5S e sono altrettanto valide… Bisognerebbe affrontare il problema in modo serio, formando una commissione che svolga le indagini relative…”. Quando il conduttore le faceva presente che una commissione di genere è già stata incaricata due anni fa e che non ha portato a nessun risultato, la tizia ha semplicemente girato l’argomento e ha iniziato a spiegare quante spesse i nostri poveri cameristi (notate che c’è soltanto una lettera di differenza) devono sostenere, e tutto per il nostro bene. Questa persona è la terza carica dello stato. So non siamo il miglior popolo del mondo, ma ci meritiamo una proprio così?
Profugate
Dopo si parlava delle dodici profughe alle quali un paese ha negato l’ospitalità. Così mi è venuto il titolo, profugate. La radice è sempre profugo, loro sono femmine e in inglese (pronuncia [‘prɒfjʊgeɪt]) la parola significa mandare via (e loro sono state mandate via). Geniale! Mi complimento da solo per questa trovata. Erano rappresentate due parti. Una della Lega Nord a sostegno dello scacciamento (scusate, ma oggi mi sento molto creativo dal punto di vista linguistico). Mi sembra che era candidata sindaco di Bologna. A sostenere le ragioni delle profugate c’era un parroco di Brescia.
La discussione si è allargata sul problema generale dei profughi e il nostro prete (un cattocomunista che odia le destre politiche con tutto il suo cuore – ma non dovrebbero diffondere l’amore?) ha preso di mira la destra ungherese che ha proposto il referendum contro gli emigrati. Mi sono ricordato un argomento di un ungherese a proposito. Il signore, intervistato dalla CNN, ragionava più o meno così: Germania, Italia, Spagna, Francia ed altri simili stanno facendo i soldi a palate con questa guerra in Siria. Vendono le armi, munizioni e tutto altro necessario ai combattenti da entrambe le parti, ISIS incuso. Allora, visto che si fanno tutti questi profitti, che investano una parte per l’accoglienza dei profughi: gli hanno prodotto loro. L’Ungheria non vende le armi e non si ente in obbligo di aumentare ulteriormente i guadagni di questi sfruttatore della sfortuna altrui.
Cavolo, fattevi una riflessione. E’ abbastanza condivisibile quello che il tizio ha detto. Perché le ragioni sono molteplici e non è facile arrivarci ad una conclusione semplice. Comunque, tornando alla trasmissione della quale parlavo, hanno fatto un sondaggio tra la gente per vedere che la gente sostiene quelli che non volevano dare l’ospitalità alle profugate o pensano che loro avevano torto. Sono rimasto poco sorpreso quando ho visto che sostegno alle barricate erette ha sfiorato il 55%. Noi sempre sottolineiamo che non siamo razzisti (qui penso a quelli che odiano altri popoli, non a quelli che adorano il senatore Razzi), ma l’impostazione dipende dall’argomento e dalla grandezza dell’evento. Qui non si vede la fine degli sbarchi e nessuno fa niente per risolvere, o almeno alleggerire la situazione. Si sentono delle proposte ragionevoli, ma sembra che i nostri governatori hanno le orecchie tappate. Non si capisce se è per l’eccesso naturale del cerume, oppure si sono infilati i tappi a posta.
La donna è donna appena nasce. Sia la mamma che il papà, quando diventano genitori di una bambina, mostrano il loro entusiasmo. Volevamo proprio una bambina, volevamo proprio una bambina ma davvero volevamo una bambina. Quando il primogenito è maschio, l’entusiasmo è talmente alto che solitamente si tende a nasconderlo e si dice puntualmente che avrebbero preferito una bambina. Ma, non bisogna prendersela con i neo genitori. Il mondo in cui viviamo è un mondo maschile. Per loro, la donna è una bambola fatta di carne e ossa, una pera sulla quale esercitare i propri colpi (sia con le mani che con i piedi), una serva, una consolatrice per quando la vita si mette male, uno straccio da buttare via per quando le cose si mettono bene.
Fino a quando la bambina è una neonata, viene vista con molta preoccupazione dalla mamma e dal papà. Il padre vive in uno stato di perenne panico temendo che gli occhi azzurri del suo piccolo angelo, ad un certo punto, diventeranno gli occhi castani di sua suocera. La mamma, invece, guarda le gambe. Non è possibile, non è possibile che queste gambine resteranno grasse e corte, che l’amore della mamma somiglierà alla suocera della mamma. La bambina dovrebbe avere delle gambe lunghe, proprio come la mamma. Se la mamma non avesse avuto gambe lunghe chissà se avrebbe trovato marito a trentadue anni?
Quando la bambina inizia a frequentare la scuola materna, solitamente, porta già i capelli lunghi. Sui capelli non si fa mai mancare un cerchietto. Dorato oppure d’argento. Ora, è una principessa. Grazie a Dio somiglia al padre e tutti quelli che le stanno intorno non fanno altro che ripeterlo. Quando il bambino somiglia al papà, questo è una prova che la madre non sia una prostituta. Quando la bambina non somiglia né al padre con gli occhi neri né alla madre dai capelli castano scuri e con degli occhi color nocciola, quando la principessa ha i capelli rossi e gli occhi color mare, allora davanti alla famiglia stupita, si tira fuori la somiglianza con un defunto pro zio e la mamma cambia subito il colore dei capelli.
Ogni principessa, al compimento del suo quarto anno, inizia a frequentare un corso di danza, canto e naturalmente, un corso di inglese (al momento è consigliato il metodo di Helen Doron). La danza risulterà molto utile per farla muovere graziosamente sulla pista da ballo. Come se fosse una vera regina. Sapere l’inglese è d’obbligo, perché se durante il concorso di bellezza per Miss Mondo il conduttore dovesse chiederle come intende cambiare il mondo. Darei da mangiare ai bambini affamati, dirà la nostra Miss in inglese e si guadagnerà l’applauso della giuria seduta in prima fila.
Le principesse crescono. A sette anni, conoscono già lo smalto per le unghie che va per la maggiore e come mettersi in posa quando la mamma e il papà vogliono fare loro delle foto. Continuano a ballare, recitare e a cantare, sperando di diventare delle famose conduttrici televisive, attrici, cantanti oppure delle modelle. In terza media sono tutte ossessionate dal triste fatto che non riescono a dimagrire di mezzo chilo, che hanno un seno piccolo, che non sono alte un metro e ottanta e hanno dei capelli troppo sottili. Hanno bisogno di fare delle extension, sistemare le unghie utilizzando il gel e comprare dei reggiseni push-up che trasformeranno i loro germogli nei palloni da pallacanestro.
Alle superiori conoscono già tutte le tecniche per nascondere i difetti del loro corpo e valorizzare i pregi. Quelle che hanno un seno prosperoso non fanno altro che mostrarlo a tutti, anche a meno venti gradi. Quelle che non hanno tale fortuna, si rivolgono agli amici della mamma, i chirurghi plastici. Ora, sono proprio donne che devono attirare l’attenzione degli uomini. La parte intelligente delle donne è consapevole del fatto che la propria intelligenza deve essere nascosta davanti agli occhi maschili. L’intelligenza femminile castra il maschio.
Se una donna si laurea e poi prosegue ulteriormente gli studi fino al dottorato, per esempio, se diventa la presidentessa di una nazione, di lei si parlerà soltanto in termini di bellezza. E’ bella oppure brutta? Al bisogno di mostrarsi bella, non ha resistito neanche Angela Merkel quando, nel 2008 a Oslo, si è presentata con un abito da sera molto scollato mostrando il suo prosperoso seno.
I media continuano a far sentire in colpa le donne di tutte le età, se non hanno un aspetto da copertina dei giornali, in cui viene puntualmente utilizzato Photoshop. Ultimamente, sono particolarmente attraenti “le ragazze” intorno a sessant’anni. Il messaggio è chiaro. La donna, anche in punto di morte deve essere attraente. Una famosa “ragazza” delle estrazione del lotto, parliamo degli anni Ottanta, che oggi sembra essere più “ragazza” rispetto a quarant’anni fa, in questi giorni ha svelato il posto più eccitante dove avere rapporti intimi con il maschio. Senza alcun dubbio, in cima alla sua lista risultano le scale, mentre in fondo alla lista, c’è il mare.
Che dobbiamo fare? Buttare addosso a questa “ragazza” che fa sesso come mai in vita sua, pietre? No. Forse, facendo certe dichiarazioni e mostrando un seno vecchio sta semplicemente guadagnando il suo pane quotidiano. La povera donna è una di noi, di quelle che non si arrendono. Bisogna provare dispiacere? Sì, bisogna provarlo. Per lei, per noi.
Possiamo salvarci? No.
Ci siamo quasi. Sono passati i sei mesi dalla apertura di questo tanto chiacchierato evento milanese. Siamo partiti con il solito sarcasmo italiano facendo battute sui padiglioni non ancora finiti e l’ennesima brutta figura mondiale. La stampa parlava del coinvolgimento mafioso, del grande capitale investito nel momento della piena crisi finanziaria del Paese. Un flop annunciato, sembrava. E invece no. A un mese dalla chiusura prevista tra poche ore, esattamente, il 31.10, i media hanno cambiato le loro parole scrivendo articoli di grande elogio e di come la città di Milano abbia (ri)trovato la sua bella immagine. I numeri, alla fine, hanno dato ragione al unico entusiasta dell’evento, Matteo Renzi, che ancora prima della apertura dei cancelli parlava di un successo garantito. Statistiche alla mano, si tratta del secondo Expo più visitato di tutti i tempi. Parliamo di circa venti milioni di visitatori.
Personalmente, non amo luoghi affollati e tanti rumori. Se non mi avessero regalato il biglietto, non sarei andata. Che poi, fermiamoci un istante sul prezzo. Acquistando il biglietto in prevendita, a maggio, per un costo di circa 27 euro, eravamo convinti di avere fatto un affare (nel mio caso, era convinta la persona che mi aveva regalato il biglietto). Non è andata così. In primavera ci dicevano di non andare in quanto i padiglioni non erano finiti e non c’era nulla da vedere. In estate, con la migliore delle volontà, a Milano c’erano 40 gradi e c’era poca voglia di fare turisti a Rho. A settembre, si erano create otto ore di coda davanti ai padiglioni che dicevano essere molto belli. Io non so voi ma, davanti a questa informazione, a me passa del tutto la voglia di visitare qualsiasi cosa. Mi chiedo ancora adesso, che cosa vale otto ore di attesa? Oltre alle code immense, apparse improvvisamente, sono anche apparsi in vendita dei biglietti a soli dieci euro. Scorretto, nei confronti di chi fino a settembre aveva pagato tre volte tanto. Ma la correttezza, si sa, è inquilina di poche case.
Per quanto riguarda l’evento, cercherò di essere obiettiva. Mi sono ridotta alla gita durante l’ultima settimana. Sono andata con una amica che ha avuto in regalo quattro biglietti e in pratica ha passato tutta l’ultima settimana a Rho. E’ stata un’ottima compagnia. Se non siete degli entusiasti di certe manifestazioni, portate con voi chi invece è il vostro opposto. Vi passerà un po’ di entusiasmo e cambierà leggermente la vostra prospettiva. Per esempio, nessuna delle due ama luoghi affollati ma la mia amica, tra un tiro di sigaretta e un sorriso smagliante, ha detto che lei sa che al di fuori della struttura c’era Rho, il niente intorno e quindi non percepiva la folla. La nostra gita è stata davvero improvvisata, tanto che non avevamo idea di come muoverci. Nessuna delle due aveva voglia di fare la fila. Abbiamo anche tentato di fare una chiamata ad un collega di lei per farci dare il pass dei giornalisti. Purtroppo il pass era con la fotografia. Il nostro piano era fallito con una telefonata. Siamo entrate nel padiglione del Myanmar e della Tanzania. Non c’era nessuno. Chiaro, non c’era nulla neanche da vedere. Sembrava un mercatino delle pulci. Cosa c’entra con il tema del cibo?
Alla fine abbiamo capito che non esistevano le scorciatoie. Dovevamo fare almeno una fila seria. Entrambe volevamo vedere gli Emirati Arabi. Alle cinque del pomeriggio, la coda era di quattro ore. Abbiamo optato per l’Iran. In dieci minuti eravamo dentro. Ci è piaciuto molto. Semplice, essenziale, organizzato bene. C’era anche una musica molto rilassante, ci siamo sedute per terra a guardare le immagini del Tehran sullo schermo. Una buona primavera promette un buon anno, si dice da quelle parti e quindi speriamo in una buona primavera e in un viaggio in Iran. Il secondo padiglione (e la seconda coda) è stato quello del Qatar. Un’ora sicuro di attesa. Pare che era un posto molto ambito in quanto veniva spiegata la desalinizzazione. Purtroppo era calata la nebbia, faceva fredda ma soprattutto c’era una grandissima umidità. Fortunatamente, l’atmosfera intorno a noi era davvero gioiosa (chi avrebbe mai detto che le file rendono le persone allegre?) e poi c’era un concerto con dei bravi cantanti. Anche qui, siamo state contente della nostra scelta. Abbiamo imparato qualcosa sul cibo del Qatar partecipando a una piccola lezione in cui abbiamo scoperto che il 90% degli alimenti viene importato in quanto hanno il problema dell’acqua per coltivare il cibo. Il padiglione è molto tecnico, esteticamente allestito bene. Qualcosa si impara, per cui, coda accettabile.
Arrivando alle 16.30 non si può aspettare di vedere tanto in quanto i padiglioni chiudono alle 20. Dopo il Qatar, dovevamo andare di fretta. E così, di fretta siamo andate in Russia dove abbiamo apprezzato sia la loro vodka sia l’installazione in cui veniva spiegato l’intero processo chimico. Di corsa in Oman che ci era stato consigliato da una ragazza che abbiamo incontrato in fila ma non ci è piaciuto particolarmente. Di fronte, non certo geograficamente parlando, c’era il Turkmenistan. Tappeti bellissimi e barche in esposizione. Che c’entra con il tema Expo? In Estonia siamo tornate due bambine che non si schiodavano dalle altalene di legno (neanche di fronte a dei bambini che volevano il nostro posto). C’era un bellissimo pianoforte che la mia amica ha deciso di suonare insieme ad un bambino mentre il padre sorridendo mi ha sussurrato un “almeno i soldi che abbiamo speso per le lezioni sono serviti a qualche cosa”. Comunque anche l’Estonia ci sembrava molto lontana dal tema ma almeno ci siamo divertite.
Correndo a vedere lo spettacolo dell’albero della vita, velocemente ci siamo fermate da Obama che aveva un piano per sfamare il mondo. Avere un piano è già qualcosa, giusto? La mia amica ha trovato molto utile tutte le spiegazioni americane, io dopo cena non avevo voglia di immergermi nelle letture dei vari schermi. Abbiamo concluso la serata con lo spettacolo dell’albero che entrambe abbiamo definito molto kitsch ma carino. Mi sembrava di trovarmi nuovamente a Tivoli, il più antico parco divertimenti europeo. Anche lì ho assistito ad uno spettacolo simile. Senza l’albero. Soltanto giochi di acqua. Come in tutte le cose, ci sono lati positivi e lati negativi. Expo, per me, è stato così.
Se vi piacciono i miei articoli potete votarmi presso mini max, una toplista con un nome molto simpatico. Così condivideremo la nostra esperienza con molte altre persone, com’è succede ad Expo dove si intrecciano le culture e popoli.
I tempi sono moderni, tecnologici e informatici, ma la furbizia è rimasta lo stessa. Anzi, è aumentata sfruttando i nuovi mezzi di propagazione delle notizie. Quella caratteristica caratteriale molto apprezzata da noi. La peculiarità abbondantemente diffusa nella nostra dirigenza. E’ un fatto culturale e non si può fare molto. La furbizia può essere una qualità o un difetto. Spesso si mescolano questi due attributi e l’aspetto ovviamente brutto va considerato come una virtù. Basta pensare agli evasori fiscali che spesso vanno condannati moralmente dall’opinione pubblica, ma frequentemente sono considerati dei furbacchioni che tutto sommato fanno bene, ad evadere le tasse; visti anche con una certa invidia dagli altri.
Ma la furbizia è un’arma micidiale per gli politici. Ne fanno uso quotidiano con lo scopo di presentarsi meglio di quello che in realtà sono. La scintilla per questa riflessione mi è scattata qualche giorno fa. Il nostro primo ministro ha fatto uno tweet di quelli autopromozionali. Ci ha comunicato che la bolletta per la luce dall’aprile scenderà del 1,1% e che le cose vanno bene. Mi piace il modo. Mi dice che va meglio e mi da anche un argomento per supportare l’affermazione. Cavolo che bella notizia. Risparmierò un po’ di soldi. Ma io sono curioso: quanti? Tiro fuori le mi ultime bollette dell’energia elettrica. La media è su 60 euro al bimestre. Pertanto la spesa è di circa 360 euro all’anno. Dai, arrotondiamo a 400; sarà più semplice fare il calcolo. In effetti, le ultime bollette che ho controllato sono “invernali” e io possiedo anche un condizionatore d’aria. D’estate, quando scende l’afa milanese, si accende spesso e consuma parecchio.
Adesso faccio i calcoli, senza l’uso della calcolatrice. Un centesimo, cioè un percento di 400 è 4, e il 0,1% e un decimo dell’importo già calcolato, cioè 40 centesimi. Perciò il mio risparmio è di 4,4 euro, all’anno. 3 caffè e un cappuccino. Mi prende in giro? Cavolo, è meglio risparmiare questa cifra che doverla spendere in più, ma nella mia vita è proprio irrilevante. Non è nemmeno un millesimo di quello che spendo ogni anno. Ma il tizio è pagato da me e non potrebbe usare il suo tempo per fare qualcosa più utile che diffondere l’ottimismo di marmellata. E no! Perché lui è furbo, capisce che alla gente piacione le notizie positive, per quanto riguarda la società (negli altri campi preferiscono quelle opposte, cioè la cronaca nera), che non sono molti che se la cavano bene con la matematica, e anche quelli pochi sono un po’ pigri. Pertanto la tattica è: due belle notizie alla settimana. Il martedì si annuncia diminuzione dei prezzi di alcuni servizi e il venerdì si comunica che il tempo per il fine settimana sarà bello. Così la gente e contenta e grida unisono (quasi): viva Renzi!
Ci da queste notizie futili, perché di quelle veramente buone, non ne ha. Ma è un grande comunicatore e sa bene come nascondere quella falla. I media ci stanno. I telegiornali si assomigliano sempre di più ad una rassegna Internet. Non c’è il giorno quando non ci fanno vedere cosa ha cinguettato il presidente del consiglio o qualche suo ministro o discepolo. Dopo passano spesso al blog di Beppe, per farci vedere l’aggiornamento del suo sito. Ed anche i giornali e settimanali seguono il trend, assecondando i nostri cari politici. Ma ha nessuno viene voglia di aprire un po’ gli occhi a questo popolo?
Presentare in un giornale il messaggio sopra menzionato di Renzi, fare i due calcoli i mostrarli su una schermata. “Ecco signori a voi un approfondimento della notizia. Qui potete vedere a quanto ammonta il vostro risparmio”. Se non si vuole esporre e commentare la notizia, per non schiacciare qualcuno importante, basterebbe fermarsi qui. La gente inizierebbe a capire. E finché questo non succederà siamo condannati a subire questi giochetti e cascarci sopra. Nelle prossime elezioni vincerà che ha più bravo a comunicare, a sorridere a convincere, a prescindere dalla veridicità e fattibilità del programma che propone. Senza parlane di garanzie: “se non se non realizzo il programma, mi dimetto”! Ma questa non la sentiremo mai.
Mi piacciono bei titoli. Quando cerco qualcosa, clicco sempre su un risultato che porta una bella denominazione. Visto che io sono la misura del mondo, suppongo (illegittimamente, come si è visto nei miei numerosi abbagli) che altri ci cascano lo stesso. Inoltre, si rima anche con il precedente: la contentezza ai massimi livelli. Mi sono fatto un’arrabbiata e un petto di pollo con le verdure grigliate, come contorno. Mi sono concesso anche un quartino di vino rosso, frizzante e così adesso soffro un po’ di sonnolenza. Strana ‘sta mia creatività dopo il pranzo a stomaco pieno. Di solito, dopo un pasto abbondante il cervello non funziona perché tutto il sangue va nella zona addominale. I vecchi saggi cinesi raccomandano di riempire soltanto due terzi dello stomaco e di lasciare un terzo libero per i movimenti spirituali. Mica scemi, ma io sono un occidentale, poco rispettoso delle buone regole.
Allora, di cosa volevo riflettere oggi? Andando al ristorante osservavo le pozzanghere presenti sul marciapiede. Riflettono l’ambiente che si trova attorno. Fanno da specchio alle nuvole nere, pesanti che nascondono il cielo e il solo. Grandi, grigie e minacciose: ogni momento possono mandarci giù un acquazzone. E io non avevo ombrello con me. Mi sono preso il rischio in quanto speravo che anche il cielo riposi nell’ora di pranzo. Sono stato fortunato e sono riuscito a tornare nella mia stanza tutto asciutto. Bel calduccio qui, perfetto per fare uno sonnellino. Mentre il mio sguardo è rivolto verso il monitor sul quale è aperta la posta elettronica, gli occhi si socchiudono da soli. Mi sforzo di riaprirli. Dovrei ricevere una mail che mi confermi una riunione nel primo pomeriggio. Spero che non arrivi.
Perché non ho voglia di unirmi con la gente: preferisco rimanere in pace, appoggiato sulla sedia, fingendo di esaminare qualche questione importante sullo schermo del computer, mentre in effetti mi trovo lontano, sopra quelle nuvole dense. Esiste un’altra ragione per la quale prego il tizio che ci controlla (non mio capo, ma il capo dell’umanità) di far disdire l’incontro. Devo riprendere la macchina che stamattina ho portato dal meccanico in quanto ho un problema con la trasmissione della potenza del motore sulle ruote. In effetti, la stesso problema avevo anche 2 settimane fa quando per la prima volta ho consegnato il mio bolide alla concessionaria. Venerdì passato ho pagato un conto abbastanza salato e stavo tornando a casa. Appena la parte problematica si è un po’ scaldate, lo stesso difetto è riemerso.
Mi hanno cambiato il pezzo e la frizione slittava ancora. Ma come è possibile. A me le idee e le ipotesi vengono in un attimo. Devo rallentarle e mettere in ordine; una dietro l’altra, per essere esaminate e valutate. La prima è che non hanno cambiato il pezzo, ma me l’hanno fatto pagare. L’altra, che mi hanno detto che problema è la dove non c’era e che mi hanno sostituito, a pagamento, qualcosa che non andava toccato in quanto il problema risiede in un’altra parte. Uno meglio dell’altro. Stavo già pianificando quale arma usare lunedì prossimo, cioè oggi, quando riporto il mio gioiello di nuovo da loro. I discorsi che gli facevo mentalmente, nei modi e termini più vari, mi passavano per la testa tutto il fine della settimana.
Ma io non sono uno violento. Stamattina mi sono presentato, con una voce seria, ma educata, ho spiegato che il lavoro non è stato fatto o non è stato fatto bene. Abbiamo provato la macchina ed il difetto si è visto subito. Il tizio era molto umile, si è scusato e appena dopo due ore mi ha chiamato, comunicandomi che l’auto era stata sistemata. Adesso vado a riprenderla. Speriamo bene.
Non è la prima volta che visito questa bellissima città. Ho già ammesso la mia ignoranza sulla letteratura e la storia della mia defunta nazione ma oggi ho deciso di passare ad un tema più personale. Chi di voi ha letto la prima parte di “Una croata a Belgrado” sa già del mio grande amore per la bicicletta e delle noiose domeniche passate a casa del fratello di mia nonna, privata senza alcuna pietà del “giocattolo” preferito. Sapete anche che per protesta mi impegnavo ad essere una bambina associale e probabilmente odiosa vista con gli occhi degli altri bambini. Nel mucchio di ragazzini, io avevo scelto l’unico che mi ignorava e non voleva essermi amico, mio cugino che all’epoca frequentava l’accademia di arte.
In quel periodo il mio cartone preferito era uno di origine croata dal nome “La foresta incantata”. Il personaggio principale era un pittore, nella mia testa di allora, un uomo molto buono e dolce. Era vestito di bianco e indossava un buffo cappello in testa. Dipingeva dentro una foresta. Qualsiasi oggetto disegnava diventava reale, usciva dalla tela e diventava parte della storia. Principalmente uscivano gli animali. Anche se oggi ho, ma non importa l’età in fondo, in quei giorni seduta sotto l’albero speravo che anche mio cugino avessi poteri simili. Una parte di me si aspettava di vedere una scena simile. Ovviamente non è mai accaduto.
Nel corso dell’anno continuavamo a frequentarci. Dovete sapere che a scuola il disegno non mi piaceva proprio. Ancora oggi non capisco perché i bambini vengono costretti a dovere fare cose che non sanno fare. Per fortuna, anche se incapace, ero brava a delegare e farmi dire sempre di si e così passavo i miei disegni a lui. Un giorno, la maestra di arte ci diede come compito da fare a casa un puzzle. Prima dovevamo costruire il fondo con la plastilina credo, poi tagliarlo a piccoli pezzetti e sopra disegnare il fondo marino. Credo che quel compito fosse una della mie prime disperazioni scolastiche. Per fortuna c’era il mio artista personale, buono, gentile, dolce e disponibile. Se ripenso a quell’episodio non riesco a trattenere la risata, perché fin da piccola ero una maniaca del controllo e gli dicevo sempre “mi raccomando, ricordati che faccio la terza elementare, devi fare il disegno non come sapresti farlo tu, deve essere più infantile”. Alla fine presi il massimo dei voti ed è una delle cose più belle che ricordo. Sfortunatamente lui non si ricorda niente, a parte il fatto che ero insistente e noiosa.
Ora, potrei anche raccontarvi la storia della mia vita ma temo ci vorrebbe molto tempo per scriverla. E’ prevista per un altro momento e un altro luogo. La cosa alla quale tengo è raccontare ciò che la vita mi ha presentato ultimamente. Non che io sia un tipo particolarmente spirituale o roba del genere ma nelle coincidenze ho smesso di credere. Per me tutto accade per un motivo che più avanti si avrà modo di capire. Comunque, una volta l’anno vengo qui a Belgrado per rigenerarmi dalla società Occidentale. A questo proposito mi viene sempre in mente la seconda parte del documentario “Zeitgeist” e le parole di Krishnamurti in cui dice “Se siete amalgamati in una società profondamente malata, significa che voi siete malati”. Forse non erano le parole esatte ma il concetto era questo. Dunque, quest’anno (ora siamo a giugno) non mi ero ancora rigenerata mentalmente, per cui sono venuta qui, cosa che tra le altre consiglierei a tutti, perché al giorno di oggi trovare un angolo rimasto intatto dagli anni Ottanta è cosa piuttosto rara.
Dovete sapere che mio cugino è sposato da molti anni e che io e sua moglie siamo amiche. Quando sono atterrata mi ha detto “mi sono dimenticato di dirti, per una settimana saremo soli”. La moglie aveva portato in gita i “suoi” bambini dell’asilo. Appena arrivata è successo il fini mondo, l’inondazione. Tutta la Serbia è stata colpita da forti piogge, c’erano problemi con l’acqua e tutto quello che ne segue. A causa del maltempo siamo rimasti chiusi in casa quasi per una settimana, che poi, a dirla propria tutta, non siamo due tipi particolarmente attivi. Credo di non essermi divertita così tanto neanche quando ero bambina! E’ stata la nostra prima volta insieme, dai tempi del “famoso” albero e dei suoi pennelli. Purtroppo per me continua a parlare di pittura come se io fossi una critica d’arte. Ho provato a dirgli “guarda che io non capisco” ma lui mi dice sempre “tu sei molto creativa”. E così in una delle tante giornate piovose abbiamo inventato una installazione per una mostra che avrà in autunno.
Sono ancora incredula che abbia accettato consigli dalla ragazzina che non sapeva disegnare un fondo marino e che evita di presentarsi nel suo atelier dicendo sempre “no grazie, per me c’è troppa puzza”. Insomma, la mia breve convivenza con lui è stata un vero spasso, soprattutto quando mi ha detto “sai che sono proprio contento che mia moglie è andata via, se lei fosse qui, non potrei dormire fino a tardi e non pulire casa” (al che vi rimando alla introduzione del libro di Laura Kipnis, “Contro l’amore”, sulle regole coniugali).
La settimana è stata intensa e qui parliamo di cose serie, l’acquisto di una macchina. Dovete sapere che in Serbia si vive arrangiandosi e che la Fiat è la macchina più gettonata, non perché costa poco ma perché essendo loro sicuri che i pezzi si romperanno subito, qui, i ricambi non costano quasi niente. Nel frattempo le piogge sono calate e io sono andata al mercato (storia che richiederebbe una pagina a parte). Salgo a casa, piena di borse varie quando mi chiama per dirmi “affacciati al balcone che ho preso la macchina”. Ormai sono passate settimane e io sento parlare della sua Fiat Punto (anno 2003) in continuazione. Sfortunatamente sono anche italiana e ho dimestichezza con la lingua. Ogni giorno mi chiede di fargli traduzioni fino a quando, un giorno non ha raggiunto il culmine. Il vecchio proprietario, un uomo di Milano, è sfortunatamente (per me) presente su Facebook. Alle due di notte, il mio caro artista mi ha dettato una mail assai professionale in cui chiede informazioni sulla macchina “perché sai qui in Serbia tutti imbrogliano quando vendono”. Ora siamo ancora in attesa di una risposta.
Insomma la vita con un pittore rimasto ragazzino è davvero divertente. Certo, non è stato proprio divertente quando durante una grigliata in mezzo al bosco, al freddo e sotto la pioggia mi ha avvolta dentro una pellicola per poi mettermi contro un albero (sul ramoscello sopra la mia testa c’era anche un sacco della spazzatura), il tutto nel nome dell’arte oppure della sua noia. Quando ho detto “va bene, ti sei divertito, ora puoi togliermela”, la risposta è stata: “Perché? Ti lamentavi del freddo. Non mi dire che così non stai meglio?”. Stavo meglio ma quando hai una sete infernale e non puoi prendere un bicchiere perché sei in modalità “mummia” tutto diventa relativo. Per fortuna intorno a me c’erano uomini pronti a salvarmi dalla pellicola e dalla creatività della mia famiglia.
Quando diventerò grande (non che io non sia “grande” ma suona fico scritto così), voglio diventare come lui: un adulto istruito, intelligente, divertente, dolce, sensibile, con una “sana” visione del mondo che però nonostante tutte le difficoltà della vita trova il modo di stare nella leggerezza, divertendosi come un bambino e chissà, forse immobilizzare le persone come delle mummie è davvero divertente. Devo ricordarmi di appuntarmelo da qualche parte! E ora, come prova del nostro divertimento eccovi queste due ultime creazioni, fatte nel cuore della notte, senza un senso e un perché, ma in fondo fare qualcosa senza sapere il perché ridendo fino alle lacrime è bello! Ogni tanto bisogna ricordarselo oppure fare entrare qualcuno nella vostra vita che ve lo ricordi!
Da un po’ di tempo che mi gira l’intenzione di esprimermi sulla nostra televisione statale che sta diventando una cosa oscena. Il contenitore si è travasato con le Olimpiadi di questi giorni, parallelamente con la campagna di abbonamento promossa da tutti i canali. Io ho pagato il canone in tempo, senza una piccola sovrattassa; ma quando la menzionano non possono dire quanto vale? Tutto nel segno di trasparenza all’italiana, è piccola, ma non ti dico quanto. Se a qualcuno può interessare, si tratta di 4,47 euro per chi paga entro la fine del febbraio. In effetti non è molto e non riesco a comprendere perché si nasconde la cifra.
Allora, io pago regolarmente perché sono un coniglio e ho paura di andare contro le leggi e subire delle sanzioni. Vedo che c’è tanta gente se ne frega altamente di pagare i propri debiti; prendo ad esempio il mio condominio dove ci sono delle morosità spaventose di alcuni condomini, ma non succede niente. Torniamo alla RAI. Come già accennato, ho saldato la somma richiesta e dovrei avere qualcosa in cambio, spero. Così sono tornato venerdì passato dall’ufficio e volevo vedere la fine della cerimonia d’apertura a Sochi. Prendo il telecomando, premo l’accensione e vado su primo canale – niente. Premo il bottone più, ma anche qui lo schermo non presentava il contenuto voluto. Lo stesso con il terzo canale. Ma, sarà su RAI Sport. Sfoglio l’elenco perché non mi ricordo i numeri (ci sono due frequenze). Niente.
Non è possibile, un evento internazionale di questa portata e io non posso seguirlo. Premendo ulteriormente dei tasti finalmente scopro un posto che trasmette l’avvenimento; è Cielo, parte libera dello Sky, quello satellitare a pagamento. Un’anima buona ha deciso di sopperire le sofferenze degli italiano (quelli non abbonati con Sky) mettendo a disposizione gratuita un po’ di gare. Almeno qualcosa, grazie ai privati che i miei soldi non hanno mai visto. Ma quelli che pago quasi non menzionano questa manifestazione sportiva. Tutto ha avuto inizio, penso, hanno scorso quando la metà delle gare di formula uno erano in differita, le partite della Champions son passate a Mediaset.
Ma non si tratta soltanto dello sport. Sui primi 3 canali non mi ricordo quando ho visto un film decente. Tanto tempo fa, spesso guardavo i film su RAI 4, ma sono tempi passati. Recentemente trasmettono soltanto le pellicole firmate Hong Kong, di bassissimo costo e la qualità del tutto scadente. Canali sportivi prevalentemente danno le repliche delle partite giocatesi 30 anni e più fa; non costa proprio niente tirare fuori la registrazione dall’archivio. E mi dicono che sono i migliori in Europa e che hanno 14 canali; ma nemmeno uno che vale qualcosa. Gli hanno aperti tanti per poter dare un posto di lavoro (posto sottolineato e in grassetto) ai parenti, agli amici e a quelli ai quali devono qualche favore.
I soldi per spendere su una programmazione almeno decente non ci sono, ma per i stipendi milionari sì. E dopo quelli ti spiegano che loro paga è coperta dalla pubblicità che accompagna il programma. Ma sei statale e non privato. I programmi che guadagnano sostengono quelli utili che non possono produrre un profitto. Ma così si fa in parte anche a Mediaset. E mi chiedo chi li guarda, per esempio Fazio e Lettizzetto, specialmente quest’ultima. E di un livello disastroso, culturalmente inaccettabile, ma io devo pagarla: non posso scegliere se abbonarmi o no, perché questa è la “nostra” TV. Anche le scimmie protesterebbero se dovessero essere costrette a vedere le sue esternazioni. Mi viene anche qualche dubbio che tutto si fa a posta. Più la gente è scontenta, ci saranno più abbonamenti su Sky e non mi schioccherebbe se si scoprisse che qualche alto dirigente RAI è stato corrotto a proposito. Per loro non cambia niente, pubblico contento o meno, i finanziamenti ci sono, e sono sicuri; per cambiare, paghiamo noi, Italiani.
“Tutto finisce in niente. Anche se non mancano gli idioti farfuglianti. Non parlo di me. Io una visione ce l’ho. Sto parlando di voi. Dei vostri amici. Dei vostri colleghi. Dei vostri giornali. Della tv. Tutti molto felici di fare chiacchiere. Completamente disinformati. Morale. Scienza. Religione. Politica. Sport. Amore. I vostri investimenti. I vostri figli. La salute. E con tutto ciò, arriva sempre il giorno in cui vi ficcano in una scatola. E avanti con un’altra generazione di idioti, i quali vi diranno tutto sulla vita, e decideranno per voi quello che è appropriato. L’orrore, la corruzione, l’ignoranza e la povertà, i genocidi e l’Aids e il riscaldamento globale e il terrorismo e quegli idioti dei valori della famiglia e quei maniaci delle armi.” Ma come diavolo abbiamo fatto ad arrivare vivi fino al ventunesimo secolo? Aprite i giornali (oppure leggeteli in rete), accendete il televisore, cambiate qualche canale. Vi viene in mente un’altra domanda?
Stando a tutte le tragedie di cui siamo circondati, è un vero miracolo che non siamo ancora in via di estinzione. Per essere più chiara vi faccio qualche esempio. La notizia di otto luglio ci informa della tempesta tropicale di nome Erick che devasta il Messico ma attenzione a Chantal, in arrivo. Il giorno successivo una dettagliata analisi in base alla quale gli uragani sono in aumento, del quaranta per cento, ed ecco operativa Chantal che causa i primi danni. Passano pochi giorni quando mi imbatto nel seguente titolo: “Il nuovo ‘conto’ del disastro in Cina”, “quasi trecento persone sono morte o scomparse”. Sempre nello stesso mese le disavventure meteorologiche si sono spostate nella nostra nazione con notizie dei giornali che annunciavano l’uragano su Torino. Non fa in tempo a placarsi quando ci parlano di una colossale tempesta di sabbia, zona Mauritania. Poi è stato il turno dell’uragano Utor e la tromba d’aria sul litorale romano. Il tutto in poco più di un mese.
Come hanno fatto i nostri nonni a sopravvivere nei tempi in cui le avversità meteorologiche non avevano nomi, quando non era possibile distinguere fra disastri pericolosi e quelli letali? Quando non c’erano centri meteo che potessero informarli di cicloni e anticicloni? Quando non c’erano i media che dessero indicazioni su cosa fare: qual è statisticamente il posto più sicuro nelle nostre case, cosa bisogna avere in dispensa, come trasformare un divano in una funzionale zattera? Quale parte della carne umana ha il più grande valore nutrizionale? Nel caso di bisogno estremo intendo. Stando a tutte queste informazioni che ci vengono offerte quotidianamente (ma non gratuitamente), i nostri nonni passano per degli insensati sciocchi, esseri umani, che si preparavano a tutte queste avversità, restando in casa, continuando a fare ciò che già facevano, aspettando la fine della tempesta. Si dice che Dio protegge gli incoscienti, pensate a tutto quello che hanno vissuto e niente. Sono sopravvissuti. Loro, gli abili giocatori d’azzardo contro la vita. Nel ventunesimo secolo non c’è cataclisma o apocalisse, non ci sono tempesta, vulcano, virus, organizzazione terroristica che ci possano sorprendere.
Quando i miei genitori frequentavano le elementari, alla fine degli anni Sessanta nell’ex Jugoslavia, c’era una materia che dovrebbero pensare di introdurre oggi nelle scuole, si chiamava NNNI, tradotto “niente ci può sorprendere”. Si potrebbe introdurre utilizzando il sinonimo di NCPS, così potremmo educare i bambini a partire dalla loro tenera età a essere pronti a tutte quelle terribili cose a cui andranno incontro nella loro vita. Tempeste a parte, vogliamo parlare di terrorismo? Barack Obama ha avvertito gli americani e gli alleati occidentali sulla minaccia della famigerata Al-Qaeda.
Non si sa quando questa organizzazione colpirà, né dove né come né con che cosa ma si sa che succederà. L’allarme resta attivo fino al 31 agosto e fino ad allora dobbiamo prestare la massima attenzione, riempire le nostre dispense nel caso in cui scoppiasse una guerra nucleare, denunciare alle autorità tutti i visi che ci sembrano sospetti o con dei nomi strani e senza ombra di dubbio evitare di andare nei Paesi arabi. Almeno non con gli aerei. Suppongo che fino ad allora si troverà qualche nuovo, letale, pericolo per l’umanità e i giornali ci avvertiranno in tempo, per non lasciarci impreparati al nuovo armageddon. Infatti, come sospettavo. La nuova minaccia si chiama H7N9, è un virus proveniente dalla Cina, il peggiore di tutti. Ha già fatto numerose vittime. E così non passa una settimana in cui l’uomo non si deve guardare le spalle, sempre in costante pericolo. Fra tutti i pericoli, questo resta il mio preferito: la collisione dei continenti, una notizia che è stata riportata circa un mese e mezzo fa dai maggiori quotidiani mondiali. Si tratta della scoperta di un geologo dell’Università di Melbourne che ha notato, vicino alla costa portoghese, un costante avvicinamento fra il continente americano e quello europeo. “Il mondo è minacciato dalla collisione dei continenti” erano i titoli delle prime pagine, seguiti da una descrizione dettagliata della fine del mondo che noi conosciamo, con un’infinità di istruzioni su come fronteggiare al meglio, questa, nuova e mai sperimentata, situazione. Cittadini europei e americani, un eterno grazie ai giornali e giornalisti responsabili e ai loro capo redattori, ci hanno avvertito in tempo: due gigantesche masse si scontreranno fra circa duecento venti milioni di anni, all’incirca. Questo lasso di tempo, vero, può sembrare estremamente breve ma grazie a tutti questi vigili media abbiamo ancora tempo a sufficienza per prepararci a dovere.
Nei successivi duecento venti milioni di anni il mondo sarà paralizzato dalla paura, periodicamente, giusto per non rilassarci troppo. Fino a quel momento nulla ci potrà sorprendere. Uccidere, forse, anzi sicuramente. Ma non sorprendere perché noi siamo una generazione NCPS. Pronti a tutto. Tranne alla vita.
Nel pomeriggio di domenica passata (12/5, mi piace mettere la data così quando rileggo tra qualche anno ho l’informazione a propositi) siamo arrivati a Campione d’Italia, un territorio italiano in Svizzera. Visto che tornavamo da Lugano e si trovava di strada, ho proposto a mia moglie di fermarci a fare due passi e bere un caffè. Ho parcheggiato davanti al famoso casinò, uno delle quattro case da gioco italiane in deroga, e mi sono indirizzato verso il centro. “Scusa, ma non andiamo al casinò” ha chiesto lei. “Due passi li posso fare da qualsiasi parte, ma non dappertutto posso giocare in casinò”, insisteva. Io da buon marito mi sono piegato, anche se il gioco d’azzardo non mi attira per niente. Siamo entrati, ci hanno chiesto di mostrare le carte d’identità e ci hanno fatto anche la foto; non mi è piaciuto per niente essere registrato in quanto queste cose sento come un attacco alla mia privacy. A Monte Carlo mica ti fanno queste storie.
Volevo prendere i gettoni per giocare, ma mi hanno spiegato che non serve e che basta infilare una banconota svizzera in macchina. Dopo, se vuoi cambiare l’apparecchio o smettere, ti da una ricevuto elettronica con il resto o con la vincita. Mia signora ha scelto la prima slot e abbiamo infilato 10 franchi. Io capivo poco, ma lei niente. Uno di quelli aggeggi dove si gioca a multilinea, 5, 10, 25 o 100. Troppo complicato. Ci siamo spostati alla roulette, sempre una macchina, senza croupier. Ad un certo punto è uscito un numero che ha puntato, ma niente vincita; non abbiamo capito come si fa diventare attiva la scommessa. Un’altra slot, questa le piace perché lo schermo è più colorato. Leggo che con due unicorni nella stessa linea tutti i segni diventano joker. Proviamo. Dopo 5 minuti esauriamo i soldi rimasti sul biglietto. Io vorrei andare via a prendermi una birra ma lei vuole inserire altri 10 franchi. Fatto!
Si continua a premere quel stupido bottone. Ogni tanto si vince anche, ma la somma inevitabilmente scende nel suo complesso. Occasionalmente mi chiede di premere il tasto a posto suo. Mi sto annoiando. Guardo attorno. Centinai di slot, quasi tutte occupate. L’età media dei visitatori mi sembra piuttosto elevata. Vedo anche tanti asiatici. Passando con l’automobile davanti all’ingresso principale che su trova sulla strada superiore, abbiamo visto due pullman pieni di cinesi. Ogni tanto si sente qualche suono; sembra che qualcuno riesce anche a vincere qualcosa. E mentre sto osservando l’ambiente, all’improvviso lo schermo davanti a me inizia a lampeggiare e la cifra con la vincita inizia a girare sempre più veloce. Vedo due unicorni appaiati. Bianca è riuscita a vincere qualcosa, ma faccio fatica a capire quanto. Quando immetti la banconota ti danno i crediti ed ogni credito vale due centesimi di franco, perciò devo moltiplicare per 0,02 quello che vedo sullo schermo che mostra circa 50 mila cocuzze.
Normalmente sono un buon matematico, ma il mio cervello ha subito un blocco. Nel primo tentativo la cifra mi sembra troppo elevata e ripeto il calcolo. Lei normalmente fa fatica a fare due calcoli e mi chiede quanto è il premio. Non rispondo, non voglio dire una cosa inesatta e deluderla. Finito il conteggio decidiamo che basta cosi e premiamo il pulsante “Dammi i soldi”. Esce fuori la ricevuta di 1050 franchi, circa 850 euro. Non ci possiamo credere. Andiamo alla cassa e la cassiera ci da 10 banconote da 100 e una da 50, più qualche spiccio. Cavolo, è vero, abbiamo vinto e la cifra è più che rispettabile. Mia moglie ha sulla faccia stampato un sorriso di quelli che non si vedono tutti i giorni e che qualcuno mi dica che i soldi non fanno la felicità.
Mi definisco un credente: io credo che Lui non c’è! Ho tante difficolta a comprendere che qualcuno possa credere in Creatore, quello che ha forgiato l’Universo; è talmente complesso che quello che potrebbe averlo plasmato dovrebbe essere molto più complicato del suo prodotto. Rispondere “Dio”, alla domanda “chi ha creato Cosmo” è inoltre intellettualmente disonesto. Si cerca la risposta ad una grande domanda e quando si trova, si ferma, prendendola come un postulato, una dogma. Il quesito successivo è più che ovvio: “chi ha creato Dio”? E qui, se si entra in una discussione con qualcuno, si sentono degli escamotage incredibili. Un mio amico, devo dire con una dose di umorismo, ha risposto: “un altro Dio”. Che gli umani si davano delle spiegazioni semplificate, metaforiche, irrazionali, 5-10 mila anni fa mi sembra abbastanza logico, nella loro ignoranza. Ma oggi sappiamo perché piove, da dove vengono i fulmini, che i vulcani sputtano la lava che si trova all’interno della crosta terrestre.
Peggio di Creatore c’è Dio Personale. Essere convinti che Esso (forse meglio di Lui) non è soltanto responsabile della creazione del mondo intero, ma ascolta le persone, le loro preghiere e desideri, mostra quanto noi esseri umani siamo prepotenti e poco umili. Si dedica personalmente a noi, ma guarda un po’. Si tratterebbe di una specie di psicoanalista universale, capace di ascoltare contemporaneamente qualche miliardo di voci, oppure pensieri rivoltigli. Le mia labbra si allargano in un sorriso quando vedo due squadre che entrano in campo e pregano per la vittoria. Povero Lui; che criterio deve usare per decidere a chi far trionfare.
Mi viene anche una barzelletta a proposito: un poliziotto ferma un prete che di notte guida la bicicletta senza le luci. Lo sbirro gli vuole fare la multa e gli spiega che è pericoloso andare in giro senza luci. Il prete gli risponde che non gli può succedere niente perché Dio è con Lui e il poliziotto trae la conclusione: “Le devo fare un’altra multa perché siete in due sulla bicicletta”.
Il bivio del Medioevo
La fede organizzata si chiama Religione, almeno io uso questa definizione, discutibile ma anche argomentabile. E la religione prevalente nel mondo occidentale, quello più sviluppato, è il Cristianesimo. Nessuno può negare che il ruolo della religione nello sviluppo della società umana sia stato molto decisivo. E dove ci ha portato? In un mondo del tutto materiale. E’ una pura contradizione che una cosa spirituale ti porta in un creato dove i valori materiali sono quelli del tutto dominanti, ma ha una sua spiegazione semplice, e triste.
Tutti abbiamo sentito parlare degli alchemici del Medioevo. Loro cercavano di trasformare il piombo in oro, almeno così ci si racconta oggi la storia. Ma la verità è diversa, e ad alcuni non fa piacere che si conosca. Gli alchimisti cercavano di tramutare la materia grezza in una più fine, di sviluppare il nostro essere primitivo in uno più avanzato, capace di usare le proprie potenzialità spirituali per comunicare senza telefonino, per sentire gli eventi della natura senza le complicate apparecchiature, oppure semplicemente per sviluppare gli propri istinti naturali e la propria coscienza. Ma quelli che ritenevano di avere monopolio sull’anima dell’uomo si sono opposti, per paura di perdere il potere, che si scopra che l’uomo possa “avvicinarsi a Dio” con gli altri mezzi che non sono sotto il loro controllo. Così tutti quei roghi sui quali sono stati bruciati gli eretici e le streghe ci hanno portato qui dove siamo oggi, in un mondo poco vicino alla natura e all’essere umano, che ne fa parte.
Ieri, era una domenica, è iniziato l’autunno; una giornata nuvolosa e grigia, ma abbastanza tiepida ed umida. Ho passato tutto il giorno in casa, senza nemmeno toccare la chiave dell’appartamento. Un riposo totale ed un po’ di noia ogni tanto sono molto salutari, per cambiare il ritmo spesso frenetico della vita. Guarda un po’, stando a casa sono riuscito a prendermi un bel raffreddore. Anche se il calendario dice inequivocabilmente la sua, stavo con le maniche corte, rifiutandomi di accettare che il caldo è passato, almeno per quest’anno. E chi non vuole accettare la realtà, si sa, ha il naso rosso e fazzoletto umido; voglio precisare che non uso quelli di carta, se non sono costretto, perché fanno male – informatevi se non credete. Durante la notte non riuscivo a prendere il sonno, dovevo spesso pulire il naso ed anche la tosse me perseguitava. Per non dare fastidio alla mia compagna, mi sono trasferito spontaneamente al soggiorno, sul divano. Non era troppo comodo, ma mi sentivo meglio e più libero, cioè di esplicitare il mio raffreddore.
Ho visto un po’ di formula uno, abbastanza noioso, some al solito, e dopo mi sono concentrato per 10 minuti sulle partite di calcio. Mi sono accorto che negli ultimi anni la mia passione calcistica è calata notevolmente. Seguo ancora con un certo piacere le competizioni al livello europeo, ma la lega nazionale mi coinvolge molto poco. Forse la ragione di questa mancanza d’interesse sta nel fatto che la mia squadra di cuore fa schifo. Le ultime stelle se ne sono andate via, sono state vendute perché costavano troppo: ma anche là si sente la crisi? E quelli che sono rimasti non hanno molta voglia da fare e questo è il fatto che mi fa incazzare di più. Anche senza grandi giocatori si può fare tanto, ma bisogna stringere il cerchio, darsi da fare, avere la passione per il proprio mestiere, comunque molto ben pagato, mi sembra.
In ufficio siamo 3 milanisti ed abbiamo un interista. Il lunedì mattina ci si divertiva sempre, si scherzava, si prendeva in giro, ma stamattina niente. Fanno ripugnanza tutte e due e manca il gusto per lo sfotto. Così ho preso la mia decisione: da oggi tifo Albinoleffe. Mi piace il nome; dentro c’è un ottima birra, che mi garba tanto. Almeno una soddisfazione garantita al 100%. Sono andato su Internet e ho visto che ieri abbiamo pareggiato fuori casa, a Cuneo, un bel zero a zero. Un punto intero, che Milan da tempo non riesce a conquistare.
Oggi non è la mia giornata, mi sento un po’ male fisicamente ma anche il mio spirito non vola troppo in alto. In parte è sicuramente dovuto al tempo, all’umidità e la mancanza del sole, pertanto non riesco fare la fotosintesi, in quanto mi sento una pianta oggi. Piantato dalla mia banda, alla quale appartenevo, e dovete ammetter, è importante avere un’appartenenza, specialmente di questi tempi. Perché ultimamente perdo il senso di gruppo e mi viene voglia di mettermi in isolamento volontario, diciamo su un’isola dei Caraibi. Là almeno c’è quasi sempre l’estate, e fa caldo.
Ho incontrato Marina Abramovic partecipando alla sua performance il giorno precedente la mia operazione, per la quale mi stavo preparando da molto tempo. Parteciparvi per me è stato estremamente importante. Emozionata, la notte prima non ho chiuso occhio. Mentre mi avviavo verso il PAC di Milano (luogo in cui si è svolto tutto) dicevo a me stessa: “Domani ti fai operare e oggi partecipi a questo evento”. Successivamente ho pensato: “E se l’evento fosse domani e oggi l’operazione”? La notte insonne porta anche a questi stati confusionali.
L’arrivo di Marina è stato accompagnato da un fotografo e da un timido applauso da parte del pubblico in sala. Sguardo magnetico, un vestito nero, la treccia lunga, hanno subito catturato l’attenzione dei presenti. Di tutti i presenti soltanto 21 persone hanno partecipato attivamente mentre le altre si sono limitate a guardare. Ci è stato chiesto di posare negli armadietti i nostri oggetti personali quali orologi, telefonini ecc. e di indossare una tuta bianca. Ha esordito ponendo l’attenzione sul ritmo frenetico che spesso caratterizza le nostre esistenze e sul fatto che sin dall’infanzia ci è stato inculcato il concetto che il fare niente è un “peccato”. Non curarsi del tempo che scorre, dello spazio intorno, essere soli con se stessi, sentire quello che accade dentro di noi erano i temi principali di questo, chiamiamolo così, laboratorio interattivo. Le cuffie che ci hanno dato erano un isolante dall’ambiente circostante, mentre i metalli e i cristalli servivano per una “pulizia” prima e per un ricarico energetico dopo.
Prima di dedicarci completamente all’ascolto di noi stessi ci siamo dedicati ad alcuni, semplici esercizi fisici i quali consistevano nel fare degli allungamenti seguiti dallo strofinamento dei palmi delle mani con i quali abbiamo successivamente toccato il viso e la testa. Si tratta di una pratica comune che solitamente precede le pratiche meditative, viene anche chiamata “saponetta energetica” e serve per migliorare lo scorrere dell’energia durante la pratica. Abbiamo proseguito toccandoci le orecchie, scuotendo le braccia e le gambe per poi venire suddivisi in tre gruppi e seguendo gli assistenti ci siamo accomodati nelle nostre postazioni. Le tre posizioni principali dell’uomo sono: stare in piedi, essere sdraiati ed essere seduti. Per lo stare in piedi, Marina ha preparato una cornice tridimensionale di bronzo che rappresentava il mio primo compito. Quasi dimenticavo, per tutta la durata della pratica, nella galleria, si udiva un suono, simile ad un battito cardiaco.
Quando sono entrata nella cornice tridimensionale, ho guardato il pubblico ma presto mi sono resa conto che non era una visione interessante e ho proseguito con gli occhi chiusi. Nelle cuffie sentivo fortemente il battito del cuore che cambiava ritmo, intensità e spazio. Ad un certo punto il suono esterno si è fuso con il mio e il ritmo del mio cuore si è stabilizzato. Sudavo e seguivo i miei pensieri che nascevano, scorrevano e sparivano. Percepivo la mia mortalità, il tempo che non è infinito e neanche reversibile ma allo stesso tempo sentivo un senso di eternità. Ho dubitato dei miei pensieri contraddittori, i palmi della mano erano freddi e allo stesso tempo sudati.
Dallo stare in piedi sono passata allo stare sdraiata. Mi sono sdraiata su un tavolo di legno sotto il quale era posizionato un enorme minerale nero. Sapevo che qualcosa sarebbe accaduto, non sapevo cosa. Sono rimasta in attesa. Dal plesso solare ho percepito delle onde che si muovevano verso le dita della mano e dei piedi. Una sensazione seppure breve, piacevole, in seguito alla quale ho percepito un leggero senso di nausea nel punto dal quale poco prima “partivano” le onde.
La conoscenza della filosofia orientale e una lunga esperienza di energia, grazie a okido yoga mi ha portato a pensare che quello che stava accadendo non era altro che una purificazione energetica del mio corpo che stava eliminando la negatività accumulata e si stava liberando.
Appena mi sono seduta sulla sedia e appoggiato la testa sul minerale di colore turchese ho visto un sorriso dentro di me, ero felice e avevo la sensazione che dentro di me entrava qualcosa che mi riempiva e mi rendeva felice. La felicità si stava lentamente placando e il senso di pace si impadroniva di me, una sensazione di eternità, mia e di ciò che mi circondava. Sentivo che quel pensiero era una verità assoluta.
Non potevo raccontare tutte queste eccitanti sensazioni nel breve tempo che ci hanno concesso dopo la pratica (ci è stato chiesto di fare una sintesi della nostra esperienza). Scrivo questo racconto dal mio letto d’ospedale. L’operazione che ho subito ieri è stata un’altra esperienza intensa, con un ottimo esito. Ho dormito molto bene sia la notte prima dell’intervento che quella successiva, a differenza della notte insonne che ha preceduto il metodo Abramovic. Credo che tutto ciò che ho vissuto grazie alla fenomenale artista serba abbia influenzato positivamente la mia permanenza ospedaliera. Inconsciamente ho applicato la lezione di A. Jodorowsky (la quale biografia sto ancora leggendo): ho giocato con la realtà e ho sostituito i due avvenimenti. Una sorta di psicomagia, del resto è stato proprio Jodorowsky colui che l’ha creata.
Uno dei miei zii, quando fa gli auguri dice: “Tanta salute e tanti soldi, in quest’ordine”. E’ una battuta, ma mi è sempre piaciuta molto. La salute è decisamente la cosa più importante e non sarà d’accordo soltanto che, beato lui, non abbia mai avuto dei problemi a proposito. E con i soldi si può comprare tutto il resto, più o meno. Ma è ovvio che ci sono anche delle altre cose molto importanti per e nella vita di una persona, per il suo benessere spirituale e materiale. Una di queste sono i rapporti con le altre persone, con i parenti, gli amici, i colleghi di lavoro. Noi viviamo in una società e pertanto i rapporti sociali hanno una notevole importanza per tutti. E queste relazioni sono basate sulla fiducia.
La fiducia si basa sull’esperienza. Se uno ti frega una volta, non ti fidi più, oppure nei casi meno estremi ti fidi di meno. Anche la gelosia, la definirei come una mancanza di fiducia, quella che ha volte sembra astratta, perché il soggetto geloso non ha dei motivi apparenti per essere geloso, è basata sulle esperienze degli altri, degli amici – amiche che hanno subito tradimento, della visione dei film o/e lettura dei libri con tale tematica. Apro una parentesi per esporre la filosofia a proposito dei tradimenti di un mio amico. Lui dice che la cosa non è un sapone che si consumi. Non credo che questa battuta aiuterà molti, ma l’ho citata perché mi sembra molto carina e sdrammatizzante.
Una volta persa la fiducia si recupera molto difficilmente. Se ci hanno preso in giro una volta, anche per le cose non proprio simili, vediamo sempre la possibile fregatura perché nella nostra memoria rimane l’avvenimento che non ci è piaciuto. Guardando un po’ intorno a me, trovo un livello di sfiducia notevole. Per esempio, tra i colleghi d’ufficio che non si fidano del lavoro svolto degli altri, o pensano che certe azioni altrui sono a loro sfavore, a danno per la loro futura carriera. Questo si mostra spesso come una chiusura verso gli altri; non si passano le informazioni e il sapere del quale si dispone. Uno potrebbe associare questo comportamento anche all’egoismo, direi anche giustamente, ma il motivo principale e la mancanza della fiducia.
E’ in effetti l’essere umano non si fida molto dei suoi simili; conoscendo se stesso crede che anche gli altri sono fatti così. Ma il livello della fiducia verso le sfere più alte della vita dovrebbe essere maggiore. Lo stato e chi lo guida è gestisce è una cosa nostra, a nostro servizio e noi ci fidiamo dei nostri politici, vero? Ma stiamo scherzando, sembra che la peggior parte della nostra società è finita ad occuparsi della politica. E non mancano gli atti che diminuiscono la nostra fiducia verso loro. Anche il nuovo governo tecnico, quello di Monti, non scherza proprio. Nella manovra che stanno per metterci sul piatto ci sono delle cose per me incomprensibili, che confermano e rafforzano la mia sfiducia nello stato.
Menzionerò qui una sola cosa, l’ulteriore tassazione dei capitali scudati. Purtroppo, non sono tra quelli che dovranno pagare questo bollo, come alcuni lo chiamano e sono anche d’accordo che quelli messi meglio devono contribuire di più, ma ci sono modi e modi e questo previsto dal governo per me è del tutto illegale. Lo stato di dice: riporta i tuoi capitale che hai all’estero nella patria, paga 4% di tassa e sei a posto. Questa era la legge, giusta o sbagliata, ma legge. Tu hai pensato un attimo, hai concluso che la cosa ti garba hai deciso di portare i tuoi soldi in Italia. Passato un anno, il governo ti cambia la legge e dice che devi versare ancora un po’ dei soldi. Se compro un paio di scarpe ad un certo prezzo e dopo quando torno a casa trovo il negoziante davanti alla porta che mi chiede gli ulteriori soldi, io non mi fido più di lui, e basta. In America questa cosa non può succedere, non si possono cambiare le leggi in modo retroattivo. Basta con la wbz spietata.
Sono tornato dalle ferie lunedì e ho trovato la cucina allagata (si è otturata la condotta della canalizzazione nell’appartamento sotto e per il principio dei vasi collegati tutta la schifezza si è scaricata da me) insieme con la solita afa milanese; solita sì, ma non di fine agosto. Durante le ferie ho letto pochi giornali e ho visto ancora meno la televisione (ero all’estero, precisamente in Croazia – si vedevano i canali italiani, ma volevo stare tranquillo). Io quando vado in ferie cerco di lasciare il cervello a casa. Già lo uso troppo, non dico bene o male, durante l’anno e così cerco di usarlo meno possibile almeno quando sono in ferie.
Ma anche quella poca massa grigia che è rimasta attiva non poteva non reagire e fare qualche pensierino su quello che succedeva negli Stati Uniti alla fine del mese scorso e all’inizio di questo. Il debito statale andava sopra un limite che era previsto in una legge e che non si poteva superare. Se si andava oltre, gli USA rimanevano insolventi e non riuscivano pagare le paghe agli statali, gli assegni ai veterani di guerra e varie altre cose, almeno così ho inteso io la situazione. Si sono formate due correnti principali: una che voleva semplicemente alzare il limite del debito e/o prelevare più soldi dai cittadini, mentre l’altra voleva lasciare il limite già in vigore togliendo le spese dello stato.
Se penso come il primo gruppo, trovo degli argomenti pro: mica possiamo lasciare centinaia di migliaia di persone senza un redito. Non è giusto che quelli soffrano per una colpa non loro: sicuramente la maggior parte degli impiegati statali fa bene il loro lavoro, senza il quale non si potrebbe andare nemmeno avanti ed è giusto che siano pagati per questo. Anche i veterani di guerra si sono sacrificati per la patria, sono spesso rimasti invalidi ed è giusto che qualcuno si prende cura di loro. Pertanto dico, alziamo il tetto del debito e aumentiamo anche le tasse per affrontare l’emergenza.
Questa riflessione ho fatto mentre stavo per addormentarmi nella stanza del mio albergo a Zara. Giorno dopo mi sono alzato e uscito sul terrazzo dell’hotel dove o ordinato un caffè (non era male) e guardano il bel mare croato, mi è venuta un’altra. Mi sono messo nei pani di un agricoltore di Texas che pensava: ma se aumentano il debito, ci sarà ancora di più a restituire un domani e chi lo paga? Anche l’aumento delle tasse finisce a gravare sulla mia schiena. Ma quelli dello stato sono matti? Io a casa mia, se non ho per prosciutto, compro la mortadella (scusate questa incoerenza, ma non so cosa mangiano a Texas), e se non c’è per la mortadella si mangia panino non imbottito e basta. Ma perché quelli la non ci pensano mai come un buon padrone della casa. E anche questo ragionamento mi sembrava argomentato e giusto, anche si opposto a quello precedente.
Il loro presidente si ha messo a promuovere la sicurezza sanitaria per tutti spendendo una marea di soldi, anche se il debito era già enorme. E’ giusto questo? Ci sono molte cose giuste che andrebbero fatta ma non sono possibili perché mancano le risorse, oppure prendendole adesso togliamo dalla bocca ai nostri figli e nipoti. A casa propria nessuno di quei politici oltreoceano, o questi nostrani, non si comporterebbe così, con i propri soldi. Ma visto che i soldi non sono i miei, vai: spendiamo qui, assistiamo questo, promoviamo quello, comunque ci sarà qualcun altro a pagare. E così per anni, tutti uguali e alla fine non riesci nemmeno a trovare uno che è più colpevole degli altri.
Anche da noi ci sono delle grane ed il nostro debito pubblico è maggiore, confrontato con il PIL, di quello americano, ma oltre il 90% del nostro debito è nelle nostre mani, come BOT, BTP e robe varie che teniamo presso le nostre banche. Ma gli statunitensi dovranno fare prima o poi il conto con i cinesi, la potenza che tra qualche decina di anni gli supererà come potenza economica, e che già adesso tiene un quarto del debito degli USA.
Era la settimana della lega dei campioni, tra i quali c’era anche uno nostro. Preciso che non è proprio il mio, visto che sono milanista. Contemporaneamente mi sono goduto 5 pere che hanno preso, ma mi è dispiaciuto anche un po’ perche se non è presente una squadra italiana il mio interesse per questa manifestazione cala notevolmente. Nei semifinali mi rimane soltanto gufare contro Real Madrid, che è la banda che mi sta proprio sul organo maschile (cerco di non essere troppo volgare perché non conosco esattamente i termini di questo blog gratuito e non vorrei avere dei problemi con wordpressiani). Quante sono le possibilità dell’Inter di passare il turno? Vedo una sola, di quelle scaramantiche: Schalke ha nel nome un 04 e questo ai cugini basterebbe. Non ditemi dopo che non ho previsto l’evento. Non ho seguito la partita, ma soltanto la sintesi. Tutto sommato non hanno giocato così male fino all’espulsione di Chivu. Dopo si sono fermati, come quando io gioco a calcetto a 7 e quando verso la fine della partita ci troviamo in 3 in difesa e ci attaccano 4 giocatori perché nessuno torna più in quanto mancano le forze. E’ le stelle e stelline dell’Inter sembrano esaurito tutte le riserve in soli 4 giorni.
Ho visto tutta la partita di ieri, uno scontro tutto inglese tra Manchester United e Chelse di nostro Ancellotti e per questa ragione tifavo questi ultimi, ma gli è andata male. L’unica partita di questo turno con un solo gol: le altre sembravano più i fuochi d’artificio. La Barca è stata anche abbastanza fortunata visto che dopo il loro vantaggio iniziale gli Ucraini abbiano sbagliato 2-3 nitide occasione e si sa che nel calco gli errori si pagano. Real ha avuto una vittoria più semplice ed anche più larga, ma spero nella tradizione, cioè che nei semifinali la Barcellona gli faccia fuori, con una bella differenza di reti, come hanno fatto anche nel campionato spagnolo.
Martedì nello studio di RAI 2 c’era anche Boniek, che ha fatto certe valutazioni relative allo scarso gioco dei cugini e alla loro insufficiente preparazione atletica, che si riscontra anche dalle altre nostre squadre. Alla fine della prima parte della lega, tutta fanno le lunghe vacanze (con tutti i soldi che si guadagnano devono anche trovarsi qualche divertimento) e la preparazione atletica è messa nel secondo piano; è anche il motivo principale di tanti infortuni che sembrano perseguitare le nostre migliori formazioni.
Si prospetta un anno molto ricco degli eventi. Siamo agli inizi e proprio in questi giorni sembra che stiano nascendo delle nuove democrazie nel nostro vicinato, nel bacino mediterraneo. Le rivoluzioni in corso nella Tunisia e nell’Egitto forse, è d’obbligo questa parola condizionale, porteranno ai cambiamenti radicali nelle strutture politiche di questi paesi, nel modo di governare gli stati che sono economicamente ai sgoccioli. La mia sensazione è che non tutto andrà liscio, e mi viene anche un’ipotesi peggiore, che tutto rimarrà com’è era anche prima. Prevedo che si faranno degli interventi cosmetici di abbellimento, che tutto sembri nuovo, con le concessioni delle liberta e con il ribasso dei prezzi (il loro aumento era la scintilla che ha acceso la micia). Tutta da manuale da vecchi furbacchioni della politica. Perché il popolo non governa mai. Sarebbe una cosa impossibile farlo governare, perché tutto diventerebbe molto macchinoso e per questo è stata inventata la democrazia rappresentativa; non esiste, almeno per adesso, un esempio di quella popolare diretta.
Pertanto si faranno delle elezioni e qui saranno eletti, e sicuramente anche rieletti, cani e porci, vecchi e nuovi vecchi. Come è successo anche da noi dopo la fine della prima repubblica (ma vuoi nella seconda avete visto delle facce nuove?). Gli onorevoli sono le persone umane e quelle guardano prima di tutto il proprio sedere, sono influenzabili e corruttibili. E quando arrivano i nuovi vedono che le possibilità che gli si aprono sono infinite, che aggiustando un po’ il proprio pensiero, insieme con la propria coscienza, si possono trarre molti profitti, prima di tutto personali e per la propria famiglia. Un presidente del governo di uno stato Europeo all’inizio del ventesimo secolo era molto onesto e durante la campagna elettorale ha invitato gli elettori di non votare per l’opposizione con queste parole: “Noi abbiamo già rubato e siamo abbastanza a posto. Se votati i parlamentari nuovi loro devono iniziare (a rubare) da capo e vi costeranno molto di più”. E se vi interessa chi è stato così “onesto”, posso dirvi che si chiamava Nikola Pasich, presidente del governo serbo.
Ma supponiamo che le cose vadano bene e che si formeranno i veri stati democratici. Questo ci fa piacere, il fatto che anche gli altri popoli possano godersi la liberta e la prosperità economica, quest’ultima spesso legata alle condizioni politiche di un paese (in effetti non mi risulta che da qualche parte del mondo si vive bene in un sistema non democratico). Il processo è partito dal basso, dai cittadini insoddisfatti e questo è un buon presupposto per lo sviluppo, nel senso che il processo non è stato portato dal esterno, come è successo nel Iraq e nell’Afganistan. Ma fermiamoci per un momento e vediamo che cos’è la democrazia. E’ la dittatura della maggioranza. E’ proprio così in quanto le leggi, le decisioni, i valori, i rapporti con gli altri, cioè tutto quello che importa nella vita di uno stato è fatto come piace a maggioranza dei cittadini, quelli che sono riusciti ad eleggere i propri rappresentanti. E questo vuol dire che spesso la minoranza, anche nei casi quando si ha preso questo epiteto per un voto solo, è insoddisfatta. La democrazia per se non è né buona, né cattiva, è relativa, cioè dipende dal punto di vista delle persone che la stanno giudicando, dai valori che loro portano dentro, nel cuore e nella testa.
Vediamo un solo aspetto legato ai potenziali nuovi stati democratici di cui abbiamo parlato in precedenza. Sono gli stati arabi e gli arabi non amano molto lo stato di Israele. Un nuovo governo democratico che porta avanti i valori del proprio popolo potrebbe decidere di annientare lo stato ebraico. E questo non mi sembra una cosa bella e buona, ma il rischio c’è. La conferma sta anche nel fatto che l’Israele è uno dei pochi paesi che supporta il presidente egiziano Mubarak in questo momento ed è la prova che è presente anche una paura per quello che potrebbe succedere domani. Mubarak non è mai stato alleato di Israele, ma sotto le pressioni esterne e per le proprie convenienze ha sempre garantito la pace tra questi due paesi. E ci sono anche le altre paure legate all’influenza della religione islamica sul nuovo assetto; a molti viene in mente quello che è successo in Iran dopo che sia stato rimosso il dittatore del turno.
Mi sono veramente stufato, la mia tolleranza verso i media, verso i modi come trattano le notizie, ma ancora di più come non danno le notizie. Nel mondo succede di tutto, ma noi siamo informati soltanto sui gossip che succedono a casa nostra. Da qualche anno ho diminuito notevolmente il tempo che passo a guardare telegiornali e leggere quotidiani, ma ultimamente ho scoperto il telegiornale della 7 che mi sembrava migliore rispetto agli altri. Fino a che è comparsa la Ruby. Da allora su 30 minuti di durata, 25 sono dedicati a questa, posso dire spiacevole, vicenda. Ho sentito una volta, due volte e basta. La notizia è sempre la stessa ed è ripetitiva, da stupidi o da masochisti. Qualche sera fa, dopo le sparatorie che ho subito mi ci sono messo un po’ ad analizzare la situazione. In questo casi, per semplificare i ragionamenti utilizzo il metodo dei limiti o degli estremi. Suppongo così due situazioni opposte, sapendo che la verità si trova probabilmente in mezzo. Gli antichi cinesi dicevano: niente è assolutamente nero e niente è assolutamente bianco. Il simbolo di questo pensiero è Yin-Yang.
Ho considerato che dal 1994, da quando è entrato in politica, fino ad oggi, Berlusconi abbia avuto una trentina delle accuse sul suo conto. Qui parlo della vicenda tra Berlusconi e magistrati in globale, non considerando soltanto il caso Ruby. E ho fatto due ipotesi sulla sua colpevolezza.
Berlusconi è innocente
So che molti di voi faranno una gran bella risata vedendo questo titolo, ma questa è soltanto una prima ipotesi e permettetemi di esprimerla. Scoprire che Berlusconi sia innocente sulla maggior parte delle faccende getterebbe un enorme fango sulla magistratura, cioè, per non sputare su tutti, su quelli immischiati nelle storiche ed attuali vicende. Soltanto quelli più duri, che odiano profondamente Berlusconi (penso ci siano tanti) non ammetterebbero l’ovvio, che la magistratura ha fatto un gioco sporchissimo, che è stata faziosa e che ha tradito il proprio ruolo istituzionale.
Berlusconi è colpevole
La seconda impostazione limite è che Berlusconi sia colpevole per la maggior parte dei reatti contestatigli. In questo caso su di lui non c’è niente da osservare, tutto è scritto nel titolo e molti Italiani troverebbero un forte disaggio per il fatto che l’hanno votato per anni. Ma in quest’impianto come sta magistratura. Competente, tanto impegnata negli anni a smascherare quel furbacchione – si merita i nostri complimenti per il duro lavoro svolto. Ma ché! Io lo vedo proprio al contrario. In diciassette anni e in 28 processi non sono riusciti a condannarlo, a metterlo dietro le sbarre dove è posto giusto per una persona che commette tutti quelli reati. Sono semplicemente incapaci, gente di basso livello professionale. Qualcuno li vorrà anche difendere dicendo che c’erano dei reati prescritti (ma sono loro andati oltre i limiti previsti dalla legge), delle leggi fatte del governo per far cadere certi processi (ma sono stati 2 o 3 casi, e restanti 25). A sostegno della diffusa incapacità del nostro sistema giudiziario, dei nostri magistrato ci sono anche molte altre prove che spesso vediamo; i delitti irrisolti, le stragi mai spiegate. Sono fatti cosi oppure lo fanno così?
Conclusione
Mi sembra un ragionamento molto semplice e logico, ma molti non vogliono vedere la logica e questo non ci fa bene, penso a noi Italiani. Se Berlusconi sia colpevole, io non lo so, ma ho esposto le prove che la magistratura in generale fa schifo. Tutte le vicende attorno, le trasmissione televisive, gli scoop giornalistici sembrano davvero le barzellette, ma queste ultime sono molto meglio.